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Notizie dalla Liguria

Riprende il dialogo Aiop-Aris con le Organizzazioni Sindacali

Il rinnovo del Contratto nazionale del personale non medico, che opera nella componente di diritto privato del Ssn è, da sempre, un’assoluta priorità per Aiop e Aris, e non è mai stato messo in discussione, nel rispetto dei legittimi interessi delle parti. A seguito dell’improvvisa interruzione delle trattative, avvenuta il 27 gennaio scorso, Barbara Cittadini, Presidente nazionale Aiop e Padre Virginio Bebber, Presidente nazionale Aris, hanno avviato immediati contatti con tutti gli interlocutori istituzionali, ribadendo l'assoluta volontà di rispettare gli impegni assunti nei confronti degli oltre 100mila lavoratori che ogni giorno, con grande professionalità, consentono agli italiani di avere una risposta alla propria domanda di salute, tenuto conto delle esigenze delle strutture rappresentate.

Il cammino verso il rinnovo del CCNL del personale non medico ha compiuto un nuovo passo in avanti

Forte segnale di responsabilità da parte dell’Assemblea AIOP

L’Assemblea generale dell’Aiop, convocata a Roma il 22 gennaio u.s., per esprimersi sul tema del rinnovo del CCNL, ha ribadito la volontà di definire, in tempi rapidi, l’intesa per il rinnovo del contratto del personale non medico della componente di diritto privato del Ssn, nel rispetto degli accordi e dei risultati con le Istituzioni e le Organizzazioni sindacali.
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Notizie Aiop Nazionale

La contrattazione di prossimità e il nuovo art. 7 del CCNL AIOP per il personale non medico
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La contrattazione di prossimità e il nuovo art. 7 del CCNL AIOP per il personale non medico

Sonia Gallozzi, Consulente giuslavorista della Sede nazionale

All’esito della sottoscrizione del CCNL AIOP-ARIS per il personale non medico 2016-2018, diverse aziende si sono interrogate con riferimento nella dicitura dell’art. 7 del nuovo testo che, all’ultimo comma, prevede, da una parte, la permanenza “in vigore i contratti decentrati stipulati precedentemente” e, dall’altra, che “laddove necessario, le parti si incontrino al livello competente al fine di definire le eventuali misure di armonizzazione contrattuale”.
Ed invero, tale dicitura ha suscitato alcuni dubbi riguardo la sua attitudine ad intervenire sui contratti aziendali pregressi che trovino la propria fonte nella legge, in luogo di quella contrattuale.
Al fine di affrontare l’argomento con piena cognizione si deve preliminarmente ricordare che il contratto collettivo aziendale è un accordo stipulato dal datore di lavoro e dalle organizzazioni sindacali, solitamente al fine di integrare la disciplina del CCNL.
Tale accordo decentrato è certamente efficace nei confronti di tutto il personale dipendente dell’impresa (indipendentemente dall’affiliazione sindacale) ove preveda dei trattamenti migliorativi per i lavoratori; al contrario, dottrina e giurisprudenza si sono a lungo interrogate sulla possibilità di applicare contratti collettivi aziendali peggiorativi a tutti i lavoratori impiegati, compresi quelli non aderenti alle OO.SS. firmatarie.
Ad oggi, la tematica dell’efficacia soggettiva dei contratti è stata disciplinata dalle stesse parti sociali nell’accordo interconfederale sulla rappresentanza del 2014, con cui le parti sociali hanno espressamente sancito che “i contratti collettivi aziendali per le parti economiche e normative sono efficaci ed esigibili per tutto il personale in forza”.
Tale tipologia di accordi generalmente non può prevedere trattamenti meno favorevoli rispetto a quelli previsti nelle disposizioni di legge, salvo i casi in cui è la stessa fonte legislativa a individuare taluni argomenti la cui disciplina può essere modificata o integrata anche dalla contrattazione aziendale.
Quanto ai rapporti tra le due fonti negoziali, il tema è stato regolamentato direttamente dalle parti sociali in una serie di accordi interconfederali che hanno ribadito più volte come il cardine del sistema debba essere il contratto di categoria, mentre il contratto aziendale debba essere funzionale unicamente a disciplinare materie già individuate dal CCNL volti ad un miglioramento di fattori quali la produttività e l’organizzazione del lavoro all’interno dell’impresa.
Da ultimo, il già richiamato accordo interconfederale del 2014, ha disposto che “la contrattazione collettiva aziendale si esercita per le materie delegate e con le modalità previste dal contratto collettivo nazionale di lavoro di categoria o dalla legge”.
Tuttavia, il legislatore è intervenuto in argomento, a mezzo del Decreto Legge n. 138 del 2011, così come convertito dalla Legge n. 148 del 2011, con cui ha estremamente valorizzato il ruolo dei contratti aziendali.
In particolare, il comma 1 dell’art. 8, rubricato “sostegno alla contrattazione di prossimità”, dispone che “i contratti collettivi di lavoro sottoscritti a livello aziendale o territoriale da associazioni dei lavoratori comparativamente più rappresentative sul piano nazionale … ovvero dalle loro rappresentanze sindacali operanti in azienda … possono realizzare specifiche intese con efficacia nei confronti di tutti i lavoratori interessati a condizione di essere sottoscritte sulla base di un criterio maggioritario relativo alle predette rappresentanze sindacali, finalizzate alla maggiore occupazione, alla qualità dei contratti di lavoro, all'adozione di forme di partecipazione dei lavoratori, alla emersione del lavoro irregolare, agli incrementi di competitività e di salario, alla gestione delle crisi aziendali e occupazionali, agli investimenti e all'avvio di nuove attività”.
In altre parole, con tale disposto normativo, il Legislatore ha autorizzato specifiche intese sottoscritte in sede aziendale (o territoriale) a derogare ai contratti di categoria e alle norme di legge in determinate materie e al fine di perseguire specifiche finalità

Inoltre, è doveroso evidenziare come le materie in cui la legge autorizza le parti a derogare alla normativa vigente e alle disposizioni del CCNL siano particolarmente ampie e che, per espressa previsione di legge, l’unico limite al potere di deroga delle parti sia costituito dal rispetto delle norme costituzionali, comunitarie e delle convenzioni internazionale in materia.
In particolare, ai sensi del comma 2 del cennato art. 8, è possibile stipulare accordi di prossimità in materie inerenti all’organizzazione del lavoro e della produzione con riferimento:
a) agli impianti audiovisivi e alla introduzione di nuove tecnologie
b) alle mansioni del lavoratore, alla classificazione e inquadramento del personale 
c) ai contratti a termine, ai contratti a orario ridotto, modulato o flessibile, al regime della solidarietà negli appalti e ai casi di ricorso alla somministrazione di lavoro
d) alla disciplina dell'orario di lavoro 
e) alle modalità di assunzione e disciplina del rapporto di lavoro, comprese le collaborazioni coordinate e continuative a progetto e le partite IVA, alla trasformazione e conversione dei contratti di lavoro e alle conseguenze del recesso dal rapporto di lavoro, fatta eccezione per il licenziamento discriminatorio e il licenziamento della lavoratrice in concomitanza del matrimonio.

Pertanto, a titolo esemplificativo, attraverso un contratto aziendale stipulato ai sensi della predetta disciplina, è possibile escludere totalmente il preavviso in caso di licenziamento (cfr. Cass. Sent. n. 19660 del 22 luglio 2019), od anche, nei limiti sopra esposti, modificare le conseguenze di un licenziamento per giusta causa dichiarato illegittimo dal Tribunale per carenza del fatto posto alla base del licenziamento.

* * *
Orbene, alla stregua di quanto sopra esposto, pare evidente che nel nostro ordinamento coesistano due diverse dimensioni del contratto di prossimità, del tutto distinte tra loro sia con riferimento alla collocazione nella gerarchia delle fonti, sia in quanto agli effetti che sono idonee ad esplicare.
Ed infatti, ove l’accordo di prossimità sia sottoscritto dalle parti sociali in forza di disposizioni contrattuali (CCNL o accordo interconfederale), questo sarà sotto-ordinato a tali fonti e, per l’effetto, non potrà derogare alle disposizioni ivi contenute a meno di autorizzazioni espresse.
Di contro, ove il contratto aziendale sia stato sottoscritto ai sensi dell'art. 8 del DL n. 138 del 2011 e abbia tutti i requisiti di legge, questo trarrà la propria legittimazione direttamente dalla fonte primaria e, pertanto, sarà indifferente alle eventuali modifiche del CCNL applicato.
Ed invero, il comma 2-bis dell’art. 8 del DL n. 138/2011 prevede espressamente che tali accordi “operano anche in deroga alle disposizioni di legge che disciplinano le materie richiamate dal comma 2 ed alle relative regolamentazioni contenute nei contratti collettivi nazionali di lavoro”.
Pertanto, ove i contratti aziendali siano stati sottoscritti in forza della richiamata disposizione di legge, pare non sussistere alcun onere di parte datoriale di armonizzare detti accordi con le disposizioni del nuovo CCNL.

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