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Utilizzo delle ferie per prolungare il periodo di comporto
Cassazione Civile Sez. Lavoro Ordinanza n. 19062/2020
L’ordinanza oggi in commento, avente importanti risvolti pratici nella gestione del personale, ha affrontato il caso di una lavoratrice che si doleva di essere stata illegittimamente licenziata, poiché, dopo una lunga assenza per malattia, avendo quasi esaurito il periodo di comporto e dovendosi ulteriormente assentare, presentava un certificato medico ed al contempo chiedeva al datore di lavoro la concessione di 20 giorni di ferie. Questi, gliene concedeva solo uno e licenziava la dipendente per giusta causa, ritenendo che i restanti 19 giorni costituissero assenze ingiustificate.
La lavoratrice agiva giudizialmente, impugnando l’operato licenziamento, e sia in primo che in secondo grado la sua domanda veniva respinta. Ricorreva, dunque, per cassazione.
Orbene, la Suprema Corte, chiamata a pronunciarsi sulla questione del mutamento del titolo dell’assenza del lavoratore da malattia a ferie volto ad evitare il licenziamento per superamento del periodo di comporto, ha ritenuto di accogliere il ricorso, avendo la lavoratrice chiesto un periodo di ferie (non accordatole), trasmettendo peraltro un certificato medico, per cui, le sue assenze, risultavano comunque giustificate.
L’ordinanza de qua, richiamandosi al più recente indirizzo di legittimità, ha ribadito che l’interesse del lavoratore alla prosecuzione del rapporto deve ritenersi prevalente, pertanto “questi ha la facoltà di sostituire alla malattia a fruizione delle ferie, maturate e non godute, allo scopo di sospendere il decorso del periodo di comporto, gravando quindi sul datore di lavoro, cui è generalmente riservato il diritto di scelta del tempo delle ferie, dimostrare – ove sia stato investito di tale richiesta – di aver tenuto conto, nell’assumere la relativa decisione, del rilevante e fondamentale interesse del lavoratore ad evitare in tal modo la possibile perdita del posto di lavoro per scadenza dei periodo di comporto”. Ciò anche in quanto non vi sarebbe una incompatibilità assoluta tra malattia e ferie.
Ha altresì confermato che, in presenza di richiesta di un periodo di ferie da parte del lavoratore in malattia, al fine di evitare la perdita del posto di lavoro per superamento del periodo di comporto, esse devono essere accordate se non ostano obiettive ragioni organizzative o produttive. Di talché, solo qualora il datore di lavoro non accolga la richiesta di ferie per concrete ed effettive esigenze organizzative dell’ufficio, che ne giustifichino il diniego, il licenziamento sarebbe legittimo.
È dunque il datore di lavoro, cui è generalmente riservato il diritto di scelta del tempo delle ferie, a dover, nel caso di specie, dimostrare di aver tenuto conto, nell’assumere la relativa decisione, del rilevante e fondamentale interesse del lavoratore ad evitare la possibile perdita del posto di lavoro per scadenza del periodo di comporto (Cass. 9 aprile 2003 n. 5521). Né vale comunque ad escludere la concessione delle ferie la mera facoltà del dipendente di fruire di altre regolamentazioni legali o contrattuali che gli consentano di evitare la risoluzione del rapporto per superamento del periodo di comporto, e in particolare del collocamento in aspettativa, ancorché non retribuita (Cass. 8 novembre 2000, n. 14490, Cass. 9 aprile 2003, n. 5521; Cass. 10 novembre 2004, n. 21385).
Per tali motivi la Corte, non avendo il datore di lavoro dedotto ragioni datoriali concrete ed effettive per cui non avrebbe potuto concedere le ferie alla lavoratrice, ha accolto il ricorso, dichiarando l’illegittimità del licenziamento.