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La crisi dei Pronto-soccorso e le opportunità mancate
I pronto soccorso, che sono il centro nevralgico di qualsiasi sistema sanitario, sono al collasso: lì dove ci si muove sulla lama del rasoio, in quell’intervallo temporale di pochi minuti o poche ore in cui si lotta per la sopravvivenza del paziente, si è creato uno spazio sospeso, un limbo clinico-organizzativo dove i malati vengono parcheggiati anche per giorni interi senza ricevere le cure adeguate.
di Alice Basiglini
Area Epidemiologia valutativa -Ufficio studi Aiop
Fa impressione come il tema della sanità pubblica sia spaccato tra voli pindarici e disastri strutturali.
Quello dichiarato da Simeu – società italiana medicina di emergenza urgenza – negli ultimi comunicati stampa dovrebbe far accendere non uno ma mille allarmi.
La carenza di personale stimata nei pronto soccorso italiani è di oltre 5.000 medici e circa 12.000 infermieri; si registrano fino a 800 accessi al giorno nel Lazio di pazienti destinati al ricovero in attesa di un posto letto, di cui oltre 600 in attesa da più di 24 ore; rispetto al periodo pre-pandemico, i pazienti che ricevono cure direttamente in PS sono aumentati del 50%.
I pronto soccorso, che sono il centro nevralgico di qualsiasi sistema sanitario, sono al collasso: lì dove ci si muove sulla lama del rasoio, in quell’intervallo temporale di pochi minuti o poche ore in cui si lotta per la sopravvivenza del paziente, si è creato uno spazio sospeso, un limbo clinico-organizzativo dove i malati vengono parcheggiati anche per giorni interi senza ricevere le cure adeguate.
Ad oggi, non esiste un solo pronto soccorso in grado di fornire prestazioni e cure rispettando gli standard stabiliti e finalmente si è avuto il coraggio di illuminare anche l’altro lato della medaglia di ciò che sta svuotando il servizio di medicina di emergenza-urgenza della sua vitale capacità di risposta.
Non solo carenza di personale – che paralizza ogni ambito del Servizio sanitario nazionale -, non solo mancanze della medicina territoriale – in fase di eterna riorganizzazione sulla carta, senza risorse dedicate - nel rispondere ai bisogni di cura primaria e nel fare da gate keeper, ma anche e soprattutto inadeguatezza dei posti-letto, fatti scomparire negli ultimi anni con un colpo di bacchetta magica, in nome della deospedalizzazione.
In un guado dove le cure primarie non sono mai state potenziate e dove la componente ospedaliera è allo stremo, i pronto-soccorso continuano a essere investiti di accessi inappropriati e a fare da anticamera e da reparto-ombra all’ospedalizzazione vera e propria resa impossibile dal sottodimensionamento dei posti-letto. Le cause dell'affollamento dei pronto soccorso – specifica la Simeu - non sono tanto e solo collegate agli accessi impropri, che negli ultimi anni sono diminuiti, e pesano solo per un 20-30% sul problema; la causa principale dell'affollamento dei pronto soccorso è invece l'impossibilità di inviare nei reparti i pazienti che necessitano di ricovero.
Secondo Simeu, si continua a perseverare in errori di programmazione.
La componente di diritto privato del Servizio sanitario nazionale ha tutte le potenzialità per poter rispondere alla domanda di salute dei cittadini ma, purtroppo, in molte realtà regionali il suo apporto risulta molto limitato o del tutto assente. Questa circostanza viene a volte interpretata paradossalmente come una scelta gestionale, legata a un calcolo di profitto, tesa alla rinuncia ad attività più complesse e costose. Fino a definire l’ambito di attività delle strutture accreditate come una sorta di “riserva protetta”, caratterizzata dalla scelta di prestazioni meno impegnative ma ugualmente molto remunerative.
Sappiamo, per contro, che nella maggior parte dei casi è la programmazione regionale che non ritiene di inserire tali strutture nella rete dell’emergenza-urgenza, così come sappiamo, in termini più generali di attività ospedaliera, il confronto pubblico/privato sugli indicatori di complessità (peso medio e case-mix) mostra una sostanziale sovrapponibilità tra i due comparti.
Ricorrere alle strutture di diritto privato, per potenziare il fronte dell’emergenza-urgenza, sarebbe quindi una scelta di programmazione lungimirante che aiuterebbe non solo a decongestionare le strutture di diritto pubblico, ma a rispondere con maggiore efficacia, tempestività e puntualità all’insorgere di un bisogno di cura.