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Def. Cittadini: Meglio di quello precedente, anche se alcuni motivi di preoccupazione rimangono tutti
Timido aumento della spesa sanitaria rispetto al 2022, ma si rimane su livelli addirittura più bassi rispetto al 2019
di Barbara Cittadini
Può essere questa la sintesi della valutazione del Def 2023 che, effettivamente, apporta un miglioramento delle stime di spesa rispetto alla Nadef di novembre 2022, ma permangono, ancora, gravi preoccupazioni per il futuro. Guardiamo ai numeri essenziali.
La spesa sanitaria prevista per il 2023 in valore assoluto registra un incremento, con un’incidenza sul Pil maggiore rispetto alla Nadef 2022. Si passa infatti da 131,724 miliardi, con un rapporto spesa-PIL pari al 6,6%, a 136,043 miliardi con un’incidenza del 6,7%.
Nel 2024 si prevede, invece, una nuova diminuzione della spesa, che scenderà a quota 132,737 miliardi e al 6,3% del Pil. Anche in questo caso, in ottica comparativa si tratta di un dato migliore rispetto alla Nadef 2022 che segnava una spesa a 128,708 miliardi e un’incidenza sul Pil al 6,2%.
Nel 2025 e nel 2026 il Def prevede poi una spesa di nuovo in crescita, ma con un’incidenza sul PIL che rimarrà costante al 6,2%.
I valori previsti dal Def però lasciano perplessi e sollevano forti preoccupazioni per diversi ordini di ragioni.
In primo luogo, il Def interviene in un contesto ancora instabile.
Se la pandemia preoccupa sempre meno, le tensioni geopolitiche restano fortissime e la guerra in Ucraina non accenna ad arrestarsi.
Tutto questo impatta rispetto alle speranze di una stabilizzazione rapida dei prezzi dei beni energetici.
Se da un lato si registra un timido aumento della spesa sanitaria rispetto al 2022, dall’altro si rimane, comunque, su livelli addirittura più bassi rispetto al 2019 e, assolutamente, insufficienti a garantire la gestione delle tante criticità del settore.
Basta guardare i dati sui ritardi nella riduzione delle liste di attesa, quelli relativi alle rinunce alle cure e quelli sull’invecchiamento della popolazione.
Il panorama, poi, si aggrava ulteriormente se si considerano le progettualità della Missione 6 del PNRR, finanziate per lo più con investimenti in conto capitale che avranno bisogno di forti aumenti di spesa corrente per la loro gestione.
Anche nel confronto con gli altri partner europei, i dati mostrano chiaramente una spesa sanitaria sul PIL del tutto inadeguata. Se consideriamo il periodo pre pandemico, nel 2019 l’Italia si attestava al 6,4% a fronte del 9,8% della Germania, del 9,3% della Francia e del 7,8% del Regno Unito.
Nel 2020, con lo scoppio della pandemia, l’Italia ha incrementato significativamente i livelli di finanziamento, restando tuttavia molto al di sotto della media europea.
Si tratta, dunque, di un quadro che in prospettiva continua ad apparire come estremamente grave e che denuncia, anche, un progressivo distaccamento dai principi di universalità ed eguaglianza sui quali si fonda il nostro Servizio sanitario nazionale, rischiando di minare le fondamenta stesse della nostra costituzione.
In altri termini, il Def 2023 presenta indubbi miglioramenti ma non ancora sufficienti per risolvere le criticità del SSN.