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Notizie dalla Liguria

CCNL. Cittadini: “Bene l'apertura Ministro, sia così tempestivo anche per chi opera nelle strutture private”

Dichiarazioni pubblicate su Quotidiano Sanità lo scorso 23 novembre 2018

"L’apertura del Ministro Giulia Grillo alle richieste dei sindacati dei medici che operano nella componente di diritto pubblico del SSN, è un’ottima notizia. Chiediamo che possa essere attivato, con la stessa tempestività, un confronto anche con la componente del SSN di diritto privato, nella quale lavorano 12mila medici, 26mila infermieri e tecnici e oltre 32mila operatori socio-sanitari, che ogni giorno consentono di dare una risposta alla domanda di salute degli italiani, contribuendo, in modo determinante, all’offerta sanitaria del Paese”, lo dichiara Barbara Cittadini, Presidente Nazionale AIOP, a seguito delle dichiarazioni rilasciate dal Ministro della Salute.

Gdpr. Valutazione di impatto per i trattamenti transfrontalieri

Il Garante individua le operazioni a rischio

D’ora in poi, pubbliche amministrazioni e aziende italiane che effettuano trattamenti di dati volti ad offrire beni e servizi anche a persone residenti in altri Paesi dell’Unione europea avranno uno strumento in più per applicare correttamente il nuovo Regolamento sulla protezione dei dati. Il Garante per la privacy ha predisposto, come stabilito per le Autorità di controllo nazionali dal Gdpr, un elenco delle tipologie di trattamento che i soggetti pubblici e privati dovranno sottoporre a valutazione di impatto. L’elenco recepisce le osservazioni del Comitato europeo per la protezione dei dati al quale era stato sottoposto dal Garante per il prescritto parere.
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Notizie Aiop Nazionale

Jobs Act: reintegra estesa anche ai licenziamenti per giustificato motivo oggettivo
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Jobs Act: reintegra estesa anche ai licenziamenti per giustificato motivo oggettivo

Corte Costituzionale sentenza n. 128 del 16 luglio 2024.

Sonia Gallozzi, consulente giuslavorista Sede Nazionale

Con la pronuncia in esame, la Corte Costituzionale è intervenuta in maniera dirompente sul Jobs Act, dichiarando l'illegittimità costituzionale dell'art. 3, comma 2, del D.lgs. 4 marzo 2015 n. 23, nella misura in cui non prevede che la tutela reintegratoria attenuata si applichi anche nelle ipotesi di licenziamento per giustificato motivo oggettivo in cui sia direttamente dimostrata in giudizio l'insussistenza del fatto materiale allegato dal datore di lavoro.

La Consulta ha infatti accolto le questioni sollevate dal Tribunale di Ravenna, Sezione Lavoro, il quale, chiamato a decidere in merito all'impugnazione del licenziamento per giustificato motivo di oggettivo di un lavoratore assunto presso una società con più di quindici dipendenti, a fronte delle sollevate questioni di illegittimità costituzione, rimetteva alla Corta Costituzionale chiedendo di dichiarare l'illegittimità costituzionale dell'art. 3 del d.lgs. n. 23 del 2015, nella parte in cui non prevedeva l'applicabilità del comma 2 "anche in relazione al licenziamento determinato da ragioni inerenti all'attività produttiva, all'organizzazione del lavoro e al regolare funzionamento di essa" . Il Tribunale di Ravenna “dubita della legittimità costituzionale della suddetta disposizione nella parte in cui esclude la tutela reintegratoria nell’ipotesi in cui il giudice accerti l’insussistenza del fatto”.

Ed infatti, riteneva il Giudice remittente che “la distinzione di disciplina tra il caso del licenziamento per motivo soggettivo e per motivo oggettivo, in relazione all’ipotesi in cui per entrambi il giudice ne accerti la giustificazione su fatti insussistenti, appare ingiustamente discriminatoria in quanto l’accertata insussistenza di uno degli elementi che ne compongono il fatto costitutivo li renderebbe due fenomeni identici o, se non altro, assolutamente omogenei”. Ed aggiungeva: “L’indennizzo prefissato con la riforma del 2015 sarebbe insufficiente a compensare il lavoratore, e a dissuadere il datore di lavoro, sia quanto al danno economico, tenuto conto delle difficoltà di reperire un nuovo lavoro in determinati contesti territoriali e della variabile degli anni che separano il singolo lavoratore dal pensionamento, sia quanto alle altre voci di danno, quali il danno previdenziale e quello alla professionalità. A giudizio del rimettente non sussisterebbero neanche interessi contrapposti a quelli del lavoratore, che trovando espressione nella libertà di iniziativa economica (art. 41 Cost.), sarebbero meritevoli di contemperamento perché, in presenza del più grave vizio sostanziale possibile, quale l’inesistenza del fatto, risulterebbe squilibrato favorire, sul piano risarcitorio un datore di lavoro, che ponga in essere un licenziamento del tutto privo di motivo oggettivo”.

La Consulta ha accolto le questioni sollevate dal Tribunale di Ravenna, ritenendo che la diversità di disciplina tra il caso di licenziamento per motivo soggettivo e per motivo oggettivo, entrambi fondati su fatti insussistenti, appare ingiustamente discriminatoria, in quanto l'accertata insussistenza di uno degli elementi che ne compongono il fatto costitutivo li renderebbe due fenomeni identici o, se non altro, assolutamente omogenei. Le considerazioni in diritto della Corte costituzionale si soffermano in particolare sulla causa del licenziamento. Nello specifico, ribadisce la Corte che, salvo le ipotesi tassativamente indicate dalla legge, il licenziamento non può essere acausale, ovvero sprovvisto di motivazione, ma deve fondarsi su una "giusta causa" o su un "giustificato motivo". Pertanto, se è assente una giusta causa o un giustificato motivo, il licenziamento viola la regola generale della causalità del recesso. La discrezionalità del legislatore nell'individuare le conseguenze dell'illegittimità del licenziamento – secondo la Corte - non si può estendere, infatti, fino a consentire di rimettere questa alternativa ad una scelta del datore di lavoro che, intimando un licenziamento fondato su un "fatto insussistente", lo qualifichi come licenziamento per giustificato motivo oggettivo piuttosto che come licenziamento disciplinare. Ecco, dunque, come un recesso intimato per giustificato motivo oggettivo – pur non sussistendo lo stesso nel suo "elemento materiale" secondo il prudente apprezzamento del giudice – "regredisce a recesso senza giusta causa" e ciò indipendentemente dalla formale qualificazione che ne dia il datore di lavoro in sede di licenziamento.

Il punto nodale su cui si concentra la Corte Costituzionale è quindi l'assoluta incostituzionalità di una disposizione che arroga al datore di lavoro la facoltà di "individuare le conseguenze" della tutela che verrà riconosciuta quale conseguenza dell'eventuale dichiarazione di illegittimità del licenziamento. Ed infatti si legge in sentenza: “Orbene, è vero – come è già stato ricordato – che non è sindacabile dal giudice la ragione d’impresa posta a fondamento del giustificato motivo oggettivo di licenziamento; essa rientra nelle valutazioni economiche che spettano al datore di lavoro […] il controllo giudiziale è limitato esclusivamente, in conformità ai princìpi generali dell’ordinamento, all’accertamento del presupposto di legittimità e non può essere esteso al sindacato di merito sulle valutazioni tecniche, organizzative e produttive che competono al datore di lavoro o al committente».

Ma l’esclusione di tale sindacato di merito presuppone che il “fatto materiale” allegato dal datore di lavoro sia “sussistente” (ad esempio, che il posto di lavoro sia stato effettivamente soppresso), mentre appartiene alle «valutazioni tecniche, organizzative e produttive» la ragione economica per cui il posto è stato eliminato”.

Tuttavia, la Corte tiene distinta l'ipotesi in cui il licenziamento per g.m.o. sia fondato su un fatto materiale del tutto inesistente da quella in cui il datore di lavoro non abbia adempiuto al proprio obbligo di repêchage. Sul punto la Consulta precisa che in tal caso "né si riproduce il vizio di legittimità costituzionale, del quale si è finora argomentato, proprio perché il licenziamento è comunque fondato su un "fatto sussistente", ancorché il recesso datoriale sia poi illegittimo sotto un diverso profilo (quello della verificata ricollocabilità del lavoratore). la tutela allora è quella solo indennitaria di cui al comma 1 dell'art. 3 del d.lgs. 23 del 2015".

Ne consegue che dalla dichiarazione di illegittimità costituzionale della disposizione censurata resta estranee ogni valutazione circa il ricollocamento del lavoratore.

 

 

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