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Notizie dalla Liguria

Il Presidente nazionale Aiop, Barbara Cittadini, ha avuto un primo incontro al Ministero della Salute

Primo positivo incontro, al Ministero della salute, del Presidente nazionale, Barbara Cittadini, insieme al professor Gabriele Pelissero, nel corso del quale sono stati affrontati alcuni temi di assoluta attualità e priorità per il comparto. Le parti hanno condiviso l'individuazione di un percorso per la soluzione delle problematiche affrontate. Si è, difatti, convenuto che verrà fissata, nei primi giorni di settembre, una riunione operativa per approfondire i temi di maggiore rilievo. Nel corso del confronto il Presidente nazionale ha avuto modo di rappresentare la potenzialità dell'Associazione Italiana Ospedalità Privata, che riunisce, al suo interno, imprenditori con una visione di sistema, che le consente di essere una componente del SSN che garantisce un'offerta sanitaria adeguata ai bisogni reali degli italiani che, nel tempo, sono profondamente mutati.

Il Presidente nazionale promuove il primo incontro tra i Presidenti delle Sedi Aiop non strutturate

Primo incontro operativo previsto a Roma il prossimo 16 luglio 2018

Il Presidente, Barbara Cittadini, come ampiamente rappresentato in occasione dell’Assemblea generale di maggio, nel corso degli incontri e confronti avuti nelle Sedi regionali, ha rilevato le difficoltà e criticità che, quotidianamente, i Presidenti regionali Aiop devono affrontare e gestire nell'esercizio del loro ruolo di rappresentanza.
Temi e problemi, sovente, comuni ma gestiti con risorse e strumenti differenti, in base alla consistenza numerica delle strutture associate e, quindi, all’organizzazione delle Sedi regionali. Incontrano, ovviamente, maggiori difficoltà i Presidenti che operano in regioni con poche strutture associate e che, di conseguenza, non hanno una sede strutturata in termini di risorse umane, che possano dedicarsi alla gestione dell'ordinario e, anche, alla programmazione di iniziative di sviluppo e supporto dell'azione associativa.
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Notizie Aiop Nazionale

Il diritto di accesso nel procedimento disciplinare e il diritto di difesa
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Il diritto di accesso nel procedimento disciplinare e il diritto di difesa

Sonia Gallozzi, Consulente giuslavorista della Sede nazionale

Dall’entrata in vigore del D.lgs. 196/2003, così come emendato alla luce del Regolamento Ue 2016/679, la ponderazione tra il diritto di accesso agli atti di un dipendente sottoposto ad un procedimento disciplinare e il diritto alla privacy dei soggetti terzi coinvolti costituisce una delicata questione che è stata oggetto di diverse pronunce, apparentemente discordanti.
Ed invero, di sovente, le Aziende, hanno dovuto riscontrare le richieste dei dipendenti che, all’esito della comunicazione della contestazione disciplinare, chiedevano di estrarre copia dei reclami presentati da soggetti terzi, o di segnalazioni di altri lavoratori, al fine di poter esercitare pienamente il proprio diritto di difesa.
A tal riguardo, giova rappresentare come, per giurisprudenza costante della Suprema Corte, il diritto di accesso agli atti debba essere garantito al lavoratore nel contesto di un procedimento disciplinare, il quale deve essere messo in condizione di prendere piena contezza dei fatti attinenti la propria posizione.
Tuttavia, si deve evidenziare come tale diritto, così come garantito dell’art. 15 del cennato regolamento europeo, da una parte, limiti l’informativa e l’accesso ai dati di cui il soggetto è titolare del trattamento e, dall’altra, al co. 5, sancisca che tale attività “non deve ledere i diritti e le libertà altrui” e, pertanto, tuteli la privacy dei soggetti contro interessati.
Al fine di comprendere quando il documento richiesto dal lavoratore, debba essere fornito, giova analizzare le pronunce in materia.
In primo luogo, si evidenzia come la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 7581 del 27 marzo 2018 abbia ritenuto illegittimo il licenziamento intimato ad un dipendente a era stato negato da parte del datore di lavoro l’accesso ai documenti posti a base dell’addebito, necessari per il corretto esercizio del proprio diritto di difesa, essendo i fatti risalenti nel tempo e relativi a condotte sporadiche tali da impedire al lavoratore di ricordare i singoli episodi. La Corte ha affermato che, seppure l’art. 7 della Legge n. 300/1970 non preveda in capo al datore di lavoro l’obbligo di mettere a disposizione del lavoratore nei cui confronti sia stata elevata una contestazione disciplinare la documentazione su cui essa si basa, lo stesso “è tenuto ad offrire in consultazione all’incolpato i documenti aziendali. Laddove l’esame degli stessi sia necessario al fine di permettere a controparte una adeguata difesa, in base ai principi di correttezza e buona fede nell’esecuzione del contratto”.
Inoltre, si segnala la Sentenza n. 3033 del 2011, con cui la Cassazione a Sezioni Unite ha espressamente sancito come il diritto di accesso ex art. 24 del D.Lgs. n. 196/2003 debba essere garantito al lavoratore a condizione che la produzione sia pertinente alla tesi difensiva e non eccedente le sue finalità.
Sempre la Cassazione, Sez. Lav. con la sentenza n. 7783/2014, ha affrontato la questione legata al conflitto tra interesse alla riservatezza dei dati personali e diritto di difesa in giudizio, con risvolto favorevole per il secondo contendente con precisa indicazione: l’abuso di protezione dei dati personali deve essere arginato. Una protezione eccessiva (ed ingiustificata), infatti, rischia - osserva la Corte - di ingolfare il sistema e di annacquare nell’indifferenziazione la tutela delle situazioni e degli interessi effettivamente meritevoli.
In estrema sintesi, posta la prevalenza del diritto di difesa sulla privacy, l’accesso agli atti dovrà essere garantito ove sia: a). necessario, ovvero l’accesso deve essere propedeutico a far valere un proprio diritto; b). non eccedente, cioè limitato a quanto necessario al legittimo ed equilibrato esercizio della propria difesa; c). libero, cioè non deve ledere i diritti e le libertà altrui.
Alla luce delle testé esposte argomentazioni, può ritenersi che trascrivere integralmente il contenuto del reclamo nella lettera di contestazione, emendato dai dati dei soggetti controinteressati, possa escludere il diritto di accesso del dipendente, anche attesa la possibilità del lavoratore di richiederne la verificazione in Tribunale, al fine di controllare la conformità di quanto riportato da parte datoriale, con riferimento a quanto dedotto nel reclamo.
Ed invero, ove il dipendente sia in grado di conoscere analiticamente i fatti oggetti di contestazione e il contenuto del reclamo presentato, l’accesso sarebbe ultroneo e non rispondente ai predetti principi di necessarietà, non eccedenza e libertà.
Pertanto, atteso che, in tali casi, nel prendere contezza dell’identità del soggetto reclamante verrebbe alla luce una lesione del diritto all’anonimato del controinteressato, pare potersi giustificare la contrazione del diritto del lavoratore.
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