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Notizie dalla Liguria

Aiop entra a far parte del Cluster Alisei

Parte la collaborazione con Advance Life Science in Italy per la condivisione di best practice italiane ed europee

L’Aiop, a seguito di domanda di adesione presentata il 7 febbraio e approvata il 17 aprile scorso, è entrata a far parte del Cluster Tecnologico Nazionale Alisei- Scienze della Vita. Nell'ambito del gruppo di lavoro, l'Aiop collaborerà alla Commissione direttiva delle Associazioni imprenditoriali, presieduta da Eugenio Aringhieri (CEO del gruppo Dompè).

L’Alisei (Advance Life Science in Italy), presieduto da Diana Bracco (Presidente e Amministratore Delegato del gruppo Bracco), è il Cluster Tecnologico Nazionale Scienze della Vita, il cui obbiettivo è quello di promuovere l’interazione tra il sistema della ricerca, il tessuto imprenditoriale e produttivo e le istituzioni pubbliche nel settore della salute, che è un ambito strategico nel tessuto nazionale.

Difendiamo la libertà di scelta del cittadino

Editoriale del Presidente nazionale, Gabriele Pelissero

Mentre la nostra Associazione è concentrata sulla prossima tornata elettorale interna, sia nazionale che regionale (ed è giusto dedicare attenzione e passione alla nostra vita associativa), non mancano purtroppo insidie continue dall'esterno.
L'attività del Parlamento è ferma, e quella del Governo è ridotta all'ordinaria amministrazione (ma cosa significa veramente questa espressione?), ma la Conferenza Stato-Regioni è a lavoro.
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Notizie Aiop Nazionale

COVID 19 - La responsabilità del datore di lavoro in caso di contrazione del virus
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COVID 19 - La responsabilità del datore di lavoro in caso di contrazione del virus

Come noto, nell’attuale contesto emergenziale, le strutture sanitarie hanno visto moltiplicarsi gli interventi legislativi in merito alla gestione del personale in caso di contrazione del COVID.

Sonia Gallozzi, Consulente giuslavorista

Ad oggi, in materia dispone l’art. 42 del DL n. 18 del 17 marzo 2020, così come convertito dalla Legge n. 27 del 24 aprile 2020, che, al comma 2, sancisce che l’infezione da Coronavirus deve essere fatta rientrare nell’alveo delle malattie infettive e parassitarie e, come tale, è meritevole di copertura INAIL per gli assicurati che la contraggono in occasione di lavoro.
Inoltre, lo stesso INAIL, dapprima con la nota n. 3675 del 17 marzo 2020 e poi con la circolare n. 13 del 3 aprile 2020, ha evidenziato un collegamento funzionale tra la contrazione del virus e l’esercizio di attività sanitaria, chiarendo che i contagi da Covid-19 di medici, di infermieri e di altri operatori di strutture sanitarie debbano essere inquadrati nella categoria degli infortuni sul lavoro, specificando altresì che “per tali operatori vige, quindi, la presunzione semplice di origine professionale, considerata appunto la elevatissima probabilità che gli operatori sanitari vengano a contatto con il nuovo coronavirus”.
Pertanto, ove un dipendente di una Casa di cura contragga il COVID, pare opportuno che l’Azienda provveda tempestivamente ad inoltrare all’Ente la denuncia obbligatoria del potenziale infortunio, ricadendo poi in capo all’INAIL l’onere di effettuare valutazioni di merito riguardo la causa lavorativa o meno del contagio. Orbene, come cennato, in materia vige una “presunzione semplice” che, in ambito giuridico, si traduce in un’argomentazione logica attraverso la quale si deduce, da un fatto già provato, l’esistenza di un fatto ignoto, rimettendo la decisione al libero apprezzamento del giudice. La presunzione semplice assurge a mezzo di prova esclusivamente nei casi in cui il fatto possa essere provato per testimoni, o quando sussistano elementi gravi, tali cioè, da attribuire alla conclusione un carattere di certezza assoluta, precisi, cioè non equivoci, e concordanti, che convergono a dimostrazione del fatto ignoto. Inoltre, è sempre ammessa prova contraria volta a esonerare il datore di lavoro da responsabilità che, nel caso di specie, è costituita dall’adozione da parte dell’azienda di una serie di misure anti-contagio. 
Ad indicare nel dettaglio quali siano le misure per il contrasto al contagio da COVID è intervenuto, da ultimo, l’articolo 2, comma 6, del DPCM 26 aprile 2020, che impone a tutte le imprese che non hanno sospeso la propria attività di osservare il “protocollo condiviso di regolamentazione delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus covid-19 negli ambienti di lavoro” sottoscritto dal Governo e dalle parti sociali ed aggiornato lo scorso 24 aprile 2020. Tuttavia, il predetto DPCM, da una parte, non prende in considerazione diversi aspetti della specifica disciplina a cui sono soggetti gli operatori sanitari e, dall’altra, tralascia quali siano le conseguenze a cui potrebbe andare incontro il datore di lavoro che si veda attribuire la responsabilità di un infortunio attraverso un meccanismo presuntivo. In primo luogo, si deve ricordare come l’onere ex art. 2087 c.c. in capo al datore di lavoro di adottare tutte le misure idonee ad evitare il contagio del dipendente sia quantomeno gravato dalla disposizione di cui all’art. 14 della Legge 27 del 24.04.2020, alla stregua del quale agli operatori sanitari non si applica l’istituto della cd. quarantena fiduciaria, potendo questi sospendere l’attività lavorativa esclusivamente “nel caso di sintomatologia respiratoria o esito positivo per COVID-19”, limitando, di fatto, le possibilità di prevenzione delle Strutture sanitarie. Inoltre, la qualificazione del COVID come infortunio sul lavoro (e non come malattia professionale) ha diverse ricadute sull’impianto sanzionatorio, poiché il datore di lavoro potrebbe essere chiamato a rispondere del reato di lesioni di cui all’art. 590 c.p., finanche all’omicidio colposo qualora al contagio sia seguita la morte, oltre alla circostanza aggravante della violazione delle norme antinfortunistiche (art. 590, comma 3, c.p.). 

Per quanto concerne quest’ultima aggravante, nei delitti colposi derivanti da infortunio sul lavoro, non è necessario che siano violate norme specifiche dettate per prevenire infortuni sul lavoro, essendo sufficiente che l’evento dannoso si sia verificato a causa della violazione del cennato art. 2087 c.c. che impone all’imprenditore di adottare tutte le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica sono necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei lavoratori. Alla stregua di quanto sopra, pare auspicabile che il Legislatore intervenga al fine di evitare che una norma, volta ad offrire la tutela assicurativa agli operatori sanitari che profondono le loro energie lavorative in contrasto alla pandemia in atto, comporti una sorta di responsabilità oggettiva del datore di lavoro, il quale, privato di diversi strumenti precauzionali, venga chiamato a rispondere della contrazione del virus che, come ammesso dall’INAIL stesso, nelle Strutture sanitarie è, talvolta, fisiologica.

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