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Inidoneità permanente alla mansione e sospensione dal lavoro
Tribunale di Cuneo sez. Lavoro n. 17 del 19 gennaio 2023
Sonia Gallozzi, consulente giuslavorista Sede nazionale
La recente pronuncia in commento affronta il caso di una dipendente, sottopostasi, su sua richiesta, a visita da parte del medico competente, alla quale veniva certificata la inidoneità permanente a svolgere le mansioni come da contratto di lavoro. Il datore comunicava alla lavoratrice la sospensione dell'attività lavorativa sia "per tutelare la sua salute, sia per la pendenza del termine per presentare ricorso avverso il suddetto giudizio medico avanti all'organo di vigilanza territorialmente competente, sia per permettere di individuare, con la collaborazione del medico del lavoro, una eventuale mansione lavorativa equivalente o di livello inferiore che sia compatibile con le sue condizioni, con trattamento economico uguale alla mansione di provenienza". Venivano individuate, con la collaborazione del medico del lavoro, due mansioni alternative, e il datore riconvoca la predetta a visita medica per accertare la sua idoneità a svolgere le cennate attività, pur tuttavia con esito negativo, di tal che la società confermava la sospensione dal lavoro e dalla retribuzione.
Con ricorso innanzi al Tribunale di Cuneo la dipendente chiedeva in via d'urgenza di condannare il datore di lavoro, per averla sospesa illegittimamente dalle proprie mansioni lavorative e dalla retribuzione, senza aver attivato nemmeno gli ammortizzatori sociali.
Il Tribunale di Cuneo, con la sentenza de qua, nell’affrontare la questione relativa alla liceità del provvedimento di sospensione del rapporto di lavoro, unilateralmente adottato dal datore nel caso di serio e fondato sospetto in ordine all'idoneità fisica del lavoratore e alla capacità del medesimo di svolgere le mansioni pattuite, senza pregiudizio per la salute, ha preliminarmente esaminato l’obbligo del datore di lavoro di assicurare la sicurezza sul luogo di lavoro ai sensi dell'art. 2087 c.c.. Ed infatti, ha chiarito il Tribunale che, per effetto di tale disposizione, quest’ultimo è automaticamente responsabile dell'aggravamento o della compromissione della salute del lavoratore adibito allo svolgimento di mansioni incompatibili con la tutela delle sue condizioni fisiche. Sotto altro aspetto, l'art. 42 del d.lgs n. 81 del 2008 stabilisce che il datore di lavoro attua le misure indicate dal medico competente e, qualora le stesse prevedano un'inidoneità alla mansione specifica, adibisce il lavoratore, ove possibile, a mansioni equivalenti o, in difetto, a mansioni inferiori garantendo il trattamento corrispondente alle mansioni di provenienza. Secondo il Giudice, dunque, ove sia impossibile adibire il lavoratore ad altre mansioni, equivalenti o inferiori, deve ritenersi legittima la sospensione immediata del prestatore di lavoro, anche quando sussista il semplice sospetto di poter cooperare nella lesione dell'integrità fisica del prestatore.
Sul punto precisa il Giudice del merito: “La facoltà del datore del lavoro di sospendere per motivi di inidoneità sanitaria un lavoratore dal servizio e dallo stipendio, pur non essendo prevista da alcuna norma propria del diritto del lavoro è ritenuta sussistente dalla giurisprudenza (cfr. Cass. Civ. 12 luglio 1995 n. 7619, App. Torino 28 giugno 2001, Trib. Roma 19 febbraio 2020). In linea generale, il diritto alla retribuzione sorge soltanto in caso di effettivo svolgimento della prestazione lavorativa, stante la natura sinallagmatica del contratto di lavoro (cfr. Cass. Civ. 4677/2006) e, nel caso di
specie, non vi è stata prestazione lavorativa e, tra l'altro, tale prestazione è mai stata offerta. Deve essere evidenziato che in casi di sospensione dal lavoro, l'omessa retribuzione da parte del datore è giustificata fino a che il rifiuto di ricevere la prestazione lavorativa è sorretto da un motivo giustificato ai sensi delle norme generali. Nel caso di specie la sospensione dalla retribuzione della ricorrente è legittima ed è giustificata dal fatto che il datore di lavoro avrebbe dovuto in ogni caso rifiutarla in ossequio dell'art. 2087 c.c.. Nessun rimprovero può essere mosso al datore di lavoro in ordine all'obbligo di ricollocamento della sig.ra (...). Infatti, dopo l'esito della prima visita medica, che ha attestato l'inidoneità permanente della lavoratrice a svolgere le mansioni lavorative come da contratto (operatore socio sanitario), il datore di lavoro ha sospeso immediatamente la dipendente, in ossequio del citato art. 2087 c.c.”.
In conclusione, il diritto alla retribuzione viene meno solamente in presenza di una sospensione legittimamente disposta, atteso che, da un lato, non viene svolta alcuna prestazione e, dall'altro, la stessa prestazione non sarebbe neppure ricevibile dal datore di lavoro ove anche ritualmente offerta tramite messa in mora da parte del lavoratore (Corte d'Appello di Brescia, Sez. lav., 18 giugno 2019, n. 259).
Ciò detto, il Tribunale di Cuneo ha ritenuto legittima la condotta del datore di lavoro, rigettando il ricorso della lavoratrice.