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Notizie dalla Liguria

Professioni sanitarie. Firmato il decreto attuativo che istituisce i nuovi albi

Decreto attuativo della legge n. 3 del 2018

È stato firmato dal Ministro della Salute Beatrice Lorenzin il primo decreto attuativo della legge n. 3 del 2018, meglio conosciuta come la legge che ha riformato il sistema ordinistico delle professioni sanitarie in Italia. Si tratta del decreto che istituisce gli albi delle 17 professioni sanitarie, fino ad oggi regolamentate e non ordinate, che entreranno a far parte dell’Ordine dei tecnici sanitari di radiologia medica e delle professioni sanitarie tecniche, della riabilitazione e della prevenzione.

Dalla privacy alla cybersecurity, le strutture cercano nuove figure

AAA cercasi ortopedici, anestesisti, geriatri e fisiatri. Ma anche figure nuove per la sanità italiana

AAA cercasi ortopedici, anestesisti, geriatri e fisiatri. Ma anche figure nuove per la sanità italiana, in grado di tutelare la privacy e i dati sanitari dei pazienti, o difendere le strutture dai cyberattacchi informatici. La sanità sta cambiando volto, anche quella privata. "Con l'espansione del settore delle cure per gli anziani, negli ospedali e nelle Rsa queste figure tradizionali sono molto richieste. Ma accanto a loro vediamo anche emergere la domanda di professionalità nuove, con competenze trasversali". Parola del direttore generale di Aiop, Filippo Leonardi, che con l'Adnkronos Salute fa il punto sulle professioni più gettonate dalle aziende e dai gruppi del settore nel nostro Paese.
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Notizie Aiop Nazionale

L’incapace di intendere e di volere può impugnare il licenziamento in 240 giorni anziché 60
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L’incapace di intendere e di volere può impugnare il licenziamento in 240 giorni anziché 60

Corte Costituzionale sent. n. 111 del 18 luglio 2025.

Sonia Gallozzi, consulente giuslavorista Sede Nazionale

La pronuncia in commento affronta il caso di una lavoratrice che aveva impugnato stragiudizialmente il licenziamento disciplinare irrogatale oltre il termine di 60 giorni dalla comunicazione del recesso, trovandosi alla data di ricezione del provvedimento in uno stato depressivo di gravità tale da dover essere sottoposta a un trattamento sanitario obbligatorio.

Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, investite del caso, sollevavano questioni di legittimità costituzionale dell’art. 6 co. 1 L. 604/66 (Norme sui licenziamenti individuali) per violazione del principio di eguaglianza (art. 3 Cost.) e contrasto con la tutela del diritto al lavoro (artt. 4 e 35 Cost.), in merito all’obbligo imposto dal legislatore di procedere preventivamente, a pena di decadenza, all’impugnazione stragiudiziale del recesso anche nell’ipotesi in cui il lavoratore non sia in grado di farlo per incapacità di intendere e di volere.

La Corte Costituzionale, nell’affrontare la questione sottoposta al suo vaglio, ha affermato che non opera l’onere della previa impugnazione stragiudiziale in caso di licenziamento intimato nei confronti del lavoratore che versi in stato di incapacità naturale. Si applica in tal caso il solo termine complessivo di 240 giorni costituto dalla sommatoria del termine stragiudiziale (60 giorni) e di quello giudiziale (180 giorni), escludendo quindi l’operatività della previa impugnazione stragiudiziale nel termine di 60 giorni, fermo restando il solo sbarramento finale al termine complessivo di 240 giorni per l’impugnazione giudiziale.

Ed infatti, l’articolo 6 della legge 604/1966 prevede un doppio termine di decadenza, che è di 60 giorni per l’impugnazione stragiudiziale ed è seguito da 180 giorni per il deposito del ricorso in tribunale (o richiesta del tentativo di conciliazione). Il superamento del termine stragiudiziale o dell’ulteriore termine giudiziale comporta la decadenza dall’impugnazione e preclude al lavoratore di far accertare l’illegittimità del recesso datoriale e di accedere al relativo regime di tutela (reale e risarcitorio).

Nel caso affrontato dalla Corte, poiché il lavoratore versa “in condizioni di marginalizzazione sociale e…non essendo in grado di comprendere la portata dell’atto datoriale e di determinarsi in merito alle iniziative da assumere”, l’applicazione del termine stragiudiziale (60 giorni) si palesa manifestamente irragionevole, ponendosi in contrasto con il principio di eguaglianza (articolo 3 della Costituzione) e con la tutela stessa del diritto al lavoro (articoli 4 e 35 della Costituzione).

Su tali presupposti, la Corte quindi ha dichiarato l’illegittimità della norma censurata “nella parte in cui non prevede che, se al momento della ricezione della comunicazione del licenziamento o in pendenza del termine di sessanta giorni previsto per la sua impugnazione, anche extragiudiziale, il lavoratore versi in condizione di incapacità di intendere o di volere, non opera l’onere della previa impugnazione, anche extragiudiziale, e il licenziamento può essere impugnato entro il complessivo termine di decadenza di duecentoquaranta giorni dalla ricezione della sua comunicazione, mediante il deposito del ricorso, anche cautelare, o la comunicazione alla controparte della richiesta di tentativo di conciliazione o di arbitrato”.

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