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Notizie dalla Liguria

Storica apertura di Confindustria alla filiera della salute

Presentato il Rapporto annuale sulla filiera della salute

La “white economy” è ormai un potente driver dell’economia italiana che contribuisce al Pil nazionale per il 10,7%, dando lavoro ad oltre 2,4 milioni di persone, pari a circa il 10% dell’occupazione complessiva. Una filiera pubblica e privata, quella della salute, che produce qualità della vita portando l’Italia ai primi posti nel mondo per numero di anni vissuti senza malattie o infortuni. Che contribuisce alla ricchezza nazionale. E che ha il vantaggio di essere anticiclica, come dimostrano gli aumenti a due cifre messi a segno in questi anni di crisi su export, fatturato e valore aggiunto. É questa la fotografia che emerge dal Rapporto di Confindustria sulla filiera della salute, presentato mercoledì mattina a Roma, e realizzato insieme alle Associazioni confederali di categoria che rappresentano la filiera stessa, tra cui Aiop, Assobiomedica, Farmindustria, Federchimica e Federterme.

Via Irpef nelle Regioni risanate e Titolo V da modificare

«Le Regioni uscite dal Piano di rientro e che hanno raggiunto il pareggio di bilancio, non hanno più nessuna ragione di mantenere una super aliquota Irpef che era stata pensata per coprire il deficit nella sanità e che pesa tantissimo sui cittadini».
Questa è la posizione del ministro della Salute, Beatrice Lorenzin, intervenuta alla trasmissione radiofonica Radio anch' io su Radio Rai 1.
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Notizie Aiop Nazionale

Il trasferimento del dipendente per incompatibilità aziendale non ha natura disciplinare
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Il trasferimento del dipendente per incompatibilità aziendale non ha natura disciplinare

Corte di Cassazione, Sez. Lavoro: ordinanza n. 27226 del 26.10.2018

Sonia Gallozzi, Consulente giuslavorista della Sede nazionale

La pronuncia in commento affronta il caso della domanda di accertamento dell’illegittimità di un provvedimento di trasferimento, erogato da una Società ad un proprio dipendente, al fine di risolvere una situazione di conflittualità all'interno di un proprio piccolo ufficio.
Il lavoratore riteneva leso il proprio diritto alla luce mancato rispetto della procedura ex art. 7 legge 300 del 1970 che prevede una serie di garanzie procedurali per erogare un provvedimento disciplinare.
Il Giudice di prime cure accoglieva la domanda del dipendente e condannava la società al risarcimento del danno patrimoniale, delle spese e alla corresponsione della diaria di trasferta.
La sentenza di primo grado veniva riformata in toto dalla Corte d’Appello di Bologna, la quale riteneva il provvedimento legittimo, poiché determinato da esigenze tecniche, organizzative e produttive e, in particolare, alla necessità dell’azienda di avere un'unità produttiva organizzata e funzionale.
La Corte evidenziava che il trasferimento era stato deciso all’esito dell’esplicita richiesta di una dipendente la quale richiedeva alla società, tramite il proprio legale, di essere messa in condizione di non dovere più incontrare il lavoratore trasferito.
Ricorreva in Cassazione il dipendente, istando per la riforma della Sentenza per non aver la Corte territoriale rilevato la sottesa natura disciplinare e sanzionatoria del trasferimento, nonché per non aver valutato nel merito la scelta imprenditoriale di ricorrere al trasferimento piuttosto che a provvedimenti alternativi.
La Suprema Corte riteneva infondate tali doglianze e rigettava il ricorso.
In particolare, la Cassazione ribadiva la natura non disciplinare del trasferimento del lavoratore disposto per incompatibilità aziendale, qualora tale incompatibilità determini disorganizzazione e disfunzione nell'unità produttiva, integranti un'obiettiva esigenza datoriale di modifica del luogo di lavoro.
A tale proposito, la Corte sottolineava come l'indagine del Giudice sulla legittimità di un trasferimento debba limitarsi a una valutazione sulla condizione oggettiva in cui versa l'unità produttiva, dovendosi a questo proposito accertare se il provvedimento del trasferimento possa o meno essere annoverato tra gli strumenti che razionalmente il datore di lavoro può impiegare per rimuovere la situazione suscettibile di pregiudicare l'ordinato svolgimento dell'attività.
La Suprema Corte, pertanto, ribadiva come, alla luce dell’art. 41 Cost., rimanga insindacabile il merito della scelta imprenditoriale di ricorrere al trasferimento piuttosto che a provvedimenti alternativi. Infatti, affinché la società disponga legittimamente il mutamento di sede del dipendente non è necessario che ciò presenti i caratteri della inevitabilità, “essendo invece sufficiente che il trasferimento rappresenti una delle opzioni ragionevolmente possibili per rispondere a oggettive esigenze di natura produttiva organizzativa, incluse quelle connesse al mantenimento di un ambiente lavoro sereno”.
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