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Notizie dalla Liguria

Io candidata alla presidenza della Regione Siciliana? No grazie, scelgo la sanità

Intervista al Vice Presidente Aiop, Barbara Cittadini

Barbara Cittadini ha deciso di resistere al fascino della politica e ha rifiutato, seppur dicendosi lusingata, la proposta di candidarsi a Presidente della Regione siciliana alla prossima tornata elettorale di novembre. Ha preferito restare al servizio dell’assistenza e delle cure ai siciliani, per dare un contributo concreto al miglioramento del sistema Salute.

Lo stigma contro la sanità privata accreditata: un caso tutto italiano

Da Sanità24, portale de IlSole24ore

In tutta Europa i grandi sistemi di welfare sanitario da decenni hanno sviluppato modelli pluralistici nella produzione ed erogazione delle prestazioni. Anche i più rigidi sistemi di tipo Beveridge utilizzano al proprio interno sempre più frequentemente gestori di attività ambulatoriali e ospedaliere di diritto privato, mentre paesi con sistemi di tipo Bismarck, come Germania e Olanda, hanno scelto da tempo di assicurare ai propri cittadini l' universalità e l' accessibilità delle cure utilizzando esclusivamente assicuratori privati (Olanda) o avviando un imponente piano di privatizzazione della gestione della rete ospedaliera (Germania).

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Notizie Aiop Nazionale

Odiare ti costa, a volte, anche il posto di lavoro
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Odiare ti costa, a volte, anche il posto di lavoro

Tribunale di Firenze Sentenza del 16 ottobre 2019

Sonia Gallozzi, Consulente giuslavorista della Sede nazionale

Con la pronuncia in commento è stato trattato il caso di un dipendente che aveva utilizzato delle frasi razziste e sessiste su una pagina Facebook aperta al pubblico. Il Tribunale rilevava come la condotta fosse tale da generare un grave danno d’immagine all’azienda e, pertanto, idonea a recidere il vincolo fiduciario, giustificando il licenziamento.
Il giudicante ha infatti ritenuto che il messaggio pubblicato sul noto social network in orario extra lavorativo potesse avere rilevanza disciplinare in virtù della vasta platea dei potenziali recettori del messaggio d'odio offerta da tale strumento.
Secondo questo orientamento, la rilevanza disciplinare dei messaggi cambia quando sono pubblicati su profili social aperti a tutti, o sono pubblicati su account o all’interno di chat telefoniche il cui accesso è filtrato e riservato.
Nel primo caso, l’eventuale contenuto offensivo del messaggio rileva sul piano disciplinare e, quindi, può essere contestato al lavoratore e utilizzato come motivo di licenziamento (qualora sussistano, ovviamente, gli elementi di gravità richiesti dalla legge). Nel secondo caso, la giurisprudenza pare equiparare i messaggi inviati alla chat chiusa o pubblicati sul profilo ad accesso limitato alle forme di corrispondenza privata che, come tali, sono oggetto di tutela costituzionale e non possono essere usate per licenziare o sanzionare un dipendente.
Tuttavia, tale ultima impostazione restrittiva risulta contraddetta dall’orientamento della Corte di legittimità che, in varie occasioni, ha ritenuto che Facebook fosse un luogo pubblico e che, pertanto, la denigrazione dell’azienda attraverso tale mezzo di comunicazione, equivalesse a pubblicare la notizia su un giornale (cfr. ex multiis Cass. n. 40083 del 06 settembre 2018).
Ciò che qui rileva è dunque che l’uso disinvolto dei social media e dei sistemi di messaggistica digitale (WhatsApp, Telegram e simili) potrebbe portare in alcuni casi fino al licenziamento.
Ed infatti, concetto questo troppo spesso dimenticato dai lavoratori, tutto quello che viene scritto sui social, anche fuori dall’orario di lavoro, può essere usato in sede disciplinare, tanto più se il messaggio veicola contenuti offensivi verso il datore di lavoro e i colleghi, soprattutto quando questi contenuti sono indirizzati a una massa indistinta di persone.
A tali conclusioni è giunta altresì la Suprema Corte che, con la Sentenza n.10897 del 2018 che, nel vagliare la legittimità del licenziamento di un rappresentante sindacale per aver pubblicato dei contenuti offensivi per l’azienda, ha ritenuto di confermare il licenziamento, distinguendo tra l’esercizio del diritto di critica - assolutamente lecito e, anzi, oggetto di una tutela rinforzata per consentire l’espletamento del mandato sindacale - e la diffusione di informazioni e notizie false o di contenuto diffamatorio.
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