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In quali fasce orarie il dipendente ha diritto alla mensa?
Cass. Sez. Lav. n. 20606 del 24 luglio 2024.
Sonia Gallozzi, consulente giuslavorista Sede Nazionale.
La pronuncia in esame affronta il caso di alcuni infermieri i quali avevano proposto domanda di accertamento nei confronti della ASL di Caserta del loro di diritto di usufruire del servizio mensa, nella modalità alternativa del ticket mensa, anche quando prestavano la propria attività lavorativa nella fascia notturna e, quindi, dalle ore 20:00 alle ore 08:00.
La Corte di Appello di Napoli, in riforma alla decisione di primo grado, condannava la ASL a pagare le somme richieste dai lavoratori, riconoscendone il diritto. Avverso tale sentenza ricorreva in Cassazione la ASL.
La Suprema Corte, fornendo una motivazione molto interessante, ha statuito che, nel caso specifico, la pretesa dovesse trovare accoglimento, ma ha chiarito che vi sono ipotesi in cui tale diritto non matura.
Gli Ermellini, richiamando il precedente n. 5547 del 2021, hanno innanzitutto evidenziato come “il diritto alla mensa […], è legato al diritto alla pausa, a prescindere dal tempo (notturno) della prestazione lavorativa. In particolare, con la citata sentenza si è evidenziato: la fruizione del pasto - ed il connesso diritto alla mensa o al buono pasto che non ha natura retributiva ma costituisce una erogazione di carattere assistenziale - è prevista nell'ambito di un intervallo non lavorato; la "particolare articolazione dell'orario di lavoro" è quella collegata alla fruizione di un intervallo di lavoro; ai sensi dell'art. 8 del D.Lgs. 8 aprile 2003 nr. 66, il lavoratore deve beneficiare di un intervallo per pausa qualora l'orario di lavoro giornaliero ecceda il limite di sei ore, ai fini del recupero delle energie psicofisiche e della eventuale consumazione del pasto; le modalità e la durata della pausa sono stabilite dai contratti collettivi di lavoro e, in difetto di disciplina collettiva, la durata non è inferiore a dieci minuti e la collocazione deve tener conto delle esigenze tecniche del processo lavorativo”.
Tale principio è stato poi confermato – come precisa la Corte – dalle successive pronunce di legittimità Cass. n. 15629 del 2021, n. 32113 del 2022, n. 9206 del 2023, 25622 del 2023.
La Cassazione, tuttavia, specifica – ed è questo il punto focale della sentenza in esame - che il diritto alla mensa si lega ad una obbligatoria sosta lavorativa “ma le parti sociali non hanno espresso alcuna volontà che l'attività lavorativa che si collega la pausa sia prestata "nelle fasce orarie normalmente destinate alla consumazione del pasto", sancendo che “una eventuale volontà delle parti sociali in tal senso avrebbe dovuto essere chiaramente espressa, con l'indicazione di fasce orarie di lavoro che danno diritto alla mensa, fasce che non sono, invece, previste”. Tale principio è stato altresì confermato dalla pronuncia Cass. Sez. Lav. n. 21440 del 31 luglio 2024.
Nel caso di specie, dunque, posto che il ccnl integrativo del comparto sanità 2001 prevedeva genericamente che il diritto alla mensa spettasse a tutti i dipendenti in relazione alla particolare articolazione del lavoro e che la particolare articolazione del lavoro fosse semplicemente quella collegata alla fruizione di un intervallo non lavorato, il diritto alla mensa (anche nella modalità alternativa della fruizione del buono pasto) era subordinato esclusivamente alla sussistenza del diritto alla pausa, a prescindere dalla fascia temporale in cui venga effettivamente svolta la prestazione lavorativa e, quindi, anche se questa sia collocata di notte e l’intervallo non avvenisse nelle ore che normalmente sono destinate alla consumazione del pasto.
Da ciò discende l’opportunità per le strutture di addivenire ad accordi di secondo livello che definiscano le fasce orarie che danno diritto alla mensa.