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Notizie dalla Liguria

Il Presidente Cittadini e il Direttore Leonardi nei territori Aiop

Continuano gli incontri della Presidenza nazionale con le Sedi regionali

Il 5 giugno, Barbara Cittadini e il Direttore, Filippo Leonardi, hanno incontrato ad Arco di Trento gli associati Aiop delle Province autonome di Trento e di Bolzano, con i loro Presidenti provinciali, Carlo Stefenelli e Paolo Bonvicini.
La Presidente Cittadini ha sottolineato la disponibilità della Sede nazionale ad esaminare specifiche richieste, che abbiano una valenza territoriale, ribadendo che il ruolo della Sede nazionale é quello di dare una risposta coerente alle esigenze degli associati in termini di servizi associativi e di condividere e supportare richieste diffuse e comuni, soprattutto, delle Sedi non strutturate.

#insieme

Relazione del Presidente nazionale, Barbara Cittadini

La 55 Assemblea nazionale AIOP, che si è tenuta l’ultimo giorno dei lavori assembleari di Como, è stata l’occasione per la Presidente Barbara Cittadini di inviare un messaggio: lavorando insieme, realmente e concretamente, è possibile programmare e realizzare un percorso di crescita e sviluppo.
Nella sua relazione, Cittadini ha descritto prima di tutto lo scenario nel quale ha lavorato, insieme alla Squadra dell’Esecutivo, dal primo giorno del suo insediamento, ricordando che le elezioni politiche del 2018 hanno rappresentato un incontrovertibile cambiamento del quadro parlamentare che, a sua volta, hanno rotto alcuni degli schemi ai quali tutti eravamo abituati.

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Notizie Aiop Nazionale

Il patto di prova e la durata oltre il termine previsto dal CCNL
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Il patto di prova e la durata oltre il termine previsto dal CCNL

Cassazione, Sezione Lavoro, Ordinanza N. 9789 del 26 maggio 2020

Sonia Gallozzi, Consulente giuslavorista della Sede nazionale

Con la sentenza in commento la Suprema Corte si è pronunciata su un caso riguardante un contratto individuale di lavoro che contemplava un periodo di prova superiore al limite sancito dal CCNL applicato per la qualifica del lavoratore.
Precisamente, la decisione in argomento prende le mosse dal ricorso presentato dall’Azienda che instava per la riforma della decisione della Corte di Appello di Bologna la quale, nel confermare la pronuncia di primo grado, aveva ritenuto che la previsione del limite massimo di detto periodo effettuata dalle parti sociali fosse congrua e non modulabile in peius.
Investita del ricorso, la Cassazione ha ritenuto esente da censure il provvedimento del Collegio, sancendo che la clausola individuale del contratto di lavoro con cui era previsto un periodo di prova di durata maggiore di quella massima indicata dal CCNL applicabile al rapporto potesse considerarsi legittima solo nelle ipotesi di particolare complessità delle mansioni affidate al lavoratore.
Ed invero, nella sentenza si legge che “la clausola del contratto individuale con cui il patto di prova è fissato in un termine maggiore di quello stabilito dalla contrattazione collettiva di settore deve ritenersi più sfavorevole per il lavoratore e, come tale, è sostituita di diritto ex art. 2077 c.c., comma 2, salvo che il prolungamento si risolva in concreto in una posizione di favore per il lavoratore, con onere probatorio gravante sul datore di lavoro”.
In altre parole, la Suprema Corte ha stabilito che solo la complessità delle mansioni da svolgere può rendere necessario - ai fini di un valido esperimento - un periodo di prova più lungo di quello ritenuto congruo e sufficiente dalle parti collettive per la generalità dei casi. In dette ipotesi ricade, però, in capo al datore di lavoro il relativo onere probatorio circa l’esigenza di espletare un periodo di prova maggiore rispetto ai limiti ordinari.
Di tal che, fuori da tali casi, la durata del patto di prova non potrà mai eccedere il limite sancito dal Contratto Collettivo applicato in azienda (nel CCNL AIOP quantificato in due mesi per le categorie A e B e in sei mesi per le altre categorie), fatto sempre salvo il massimo di sei mesi di cui all’art. 10 della L. 604/1966.
Al fine sostenerne la congruità dell’aumento del periodo di prova il datore di lavoro avrebbe, dunque, nel caso specifico, dovuto dimostrare che le mansioni svolte dal lavoratore fossero sussumibili nella più elevata categoria che prevedeva un periodo di prova maggiore, ed ossia sei mesi, ovvero che la complessità delle mansioni da svolgere non consentissero un valido esperimento nell’interesse delle parti tutte. Esclusa la prima ipotesi, per la dimostrazione della seconda – secondo la Corte - è necessario dar prova che la maggior durata si risolva, in concreto, favorevole anche per il lavoratore.
La non facile prova di quanto sopra ricade in capo al datore poiché, indubbiamente, è questo che si avvantaggia di un tempo maggiore per l’esperimento delle capacità lavorative del dipendente, con una più ampia facoltà di poter risolvere il rapporto di lavoro per mancato superamento del periodo di prova.
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