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Notizie dalla Liguria

Il Tar di Sicilia accoglie il ricorso dell'Aiop

C'era un errore di calcolo e la riduzione incideva solo sui privati. Secondo il Vice Presidente nazionale Aiop e Presidente Aiop Sicilia, Barbara Cittadini: "Registro, non senza soddisfazione, la sentenza del Tar. Mi auguro che possa costituire presupposto e nuova base per la programmazione della rete ospedaliera regionale. Affinché questa possa, finalmente, essere impostata su una reale e virtuosa collaborazione tra amministrazione e operatori del settore ed abbia come unico obiettivo quello di garantire ai siciliani un sistema sanitario efficiente e di qualità".

La cardiochirurgia italiana rischia il collasso

La cardiochirurgia Italiana negli ultimi dieci anni ha modificato il suo aspetto in funzione di quella che è stata l’evoluzione della popolazione e del trattamento medico ed interventistico. La terapia medica e lo stile di vita dei pazienti sono sicuramente migliorati e l’impiego di procedure trancutane e èaumentato in modo considerevole. Si è passati infatti, da un numero di angioplastiche coronariche di 87.622 nel 2003 a 14.1712 nel 2013. Nella pratica cardiologica sono entrati nuovi mezzi di trattamento non presenti 10 anni fa,come ad esempio l’impianto di valvola aortica per via percutanea, e nel solo2013 sono stati trattati con questa metodica 1.743 pazienti.
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Notizie Aiop Nazionale

Licenziabile il dipendente che abbia ammesso la condotta in sede di patteggiamento
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Licenziabile il dipendente che abbia ammesso la condotta in sede di patteggiamento

Cassazione Civile, Sez. lavoro, Sentenza n. 20560 del 19 luglio 2021

Sonia Gallozzi, Consulente giuslavorista della Sede nazionale

Com’è noto, una condotta illecita tenuta dal lavoratore che viene sanzionata in un procedimento penale, ben può assumere rilievo disciplinare, conferendo la possibilità al datore di lavoro di comminare sanzioni nei limiti posti dalla legge e dal CCNL applicato in azienda.

I rapporti tra le due tipologie di responsabilità sono stati declinati dalla giurisprudenza della Suprema Corte che, in buona sostanza, ha sempre dichiarato che le determinazioni assunte dal datore di lavoro all’esito del procedimento disciplinare non sono necessariamente vincolate da quanto sancito dal Giudice penale, ben potendo questo, sulla base della lesione del vincolo fiduciario, erogare una sanzione disciplinare anche in mancanza di una condanna del lavoratore.

In argomento, basti pensare al caso in cui il lavoratore venga assolto perché “il fatto non costituisce reato”, ma il datore di lavoro decida comunque di procedere ad emettere un provvedimento rilevando profili disciplinarmente rilevanti nella medesima condotta.

Di particolare interesse la sentenza in commento, con cui la Cassazione ha confermato la decisione della Corte d’Appello che aveva dichiarato la legittimità del licenziamento irrogato al lavoratore per aver questi, negli anni, costruito un vero e proprio sistema illecito per la “copertura” reciproca di ritardi, assenze o ritardati rientri dalle pause pranzo. Il tutto era certamente reso ancor più grave dal fatto che il lavoratore fosse il cancelliere capo di un ufficio giudiziario, con la conseguenza che tale sistema illecito era invalso e utilizzato presso l’ufficio anche da taluni sottoposti, sulla scorta del suo “cattivo esempio” e indirizzo.

La difesa del lavoratore si era basata sull’asserita impossibilità per i Giudici del Lavoro di fondare l’accertamento della sussistenza dei fatti sulla base di quanto emerso in sede penale successivamente al licenziamento stesso, avendo questi provveduto a richiedere la sentenza di applicazione della pena ( cd. patteggiamento) ai sensi dell’art. 444 del Codice di procedura penale. In particolare, ad opinione del lavoratore, tale provvedimento non era da considerarsi idoneo a costituire un “giudicato”, con conseguente mancato accertamento del fatto contestato dal datore di lavoro e, per l’effetto, inapplicabilità della sanzione espulsiva.

Inoltre, richiamando il principio di immutabilità della contestazione, il dipendente aveva eccepito in seno al giudizio di legittimità, l’inattitudine della sentenza a lui sfavorevole ad assurgere a “prova” nel procedimento giudiziale sul licenziamento, essendo stata questa emessa dal Giudice penale successivamente al provvedimento del licenziamento disciplinare.

Investita delle questioni sollevate dal dipendente, la Suprema Corte, richiamato il consolidato orientamento formatosi sul punto, ha anzitutto evidenziato come anche i provvedimenti emessi ai sensi del richiamato art. 444 del Codice di procedura penale abbiano efficacia di giudicato in sede di giudizio lavoro quanto all’accertamento del fatto, alla sua illiceità penale e all’affermazione che l’imputato lo ha commesso. E non può ravvisarsi, secondo i giudici di Cassazione, “alcuna preclusione alla valorizzazione del giudicato in sede giudiziale, per la circostanza che la sentenza penale sia successiva all’irrogazione della sanzione disciplinare”, posto che il principio di immutabilità della contestazione va ritenuto delimitato ai fatti posti a base della stessa e non certo ai mezzi di prova di cui il datore di lavoro può avvalersi in giudizio, i quali possono ben estendersi a fatti successivi confermativi ed accertativi dell’accaduto.

 

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