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Legittimo il licenziamento della dipendente che rifiuta di attestare il proprio orario di lavoro tramite smartphone
Tribunale di Trento Sezione Lavoro sentenza del 16 luglio 2024.
Sonia Gallozzi, consulente giuslavorista Sede Nazionale
La pronuncia in esame afferisce un giudizio promosso da un datore di lavoro – impresa attiva nei servizi tecnologici di manutenzione impianti – per fare accertare la legittimità del licenziamento per giusta causa irrogato alla dipendente – operaia elettricista – che si era rifiutata di timbrare l’orario di entrata e di uscita accostando il badge agli smartphone aziendali posizionati in apposite aree del cantiere. Sugli smartphone era stata installata un’applicazione che consentiva di visualizzare la data e l’ora in cui era avvenuto l’accostamento del badge, a sua volta provvisto di adesivo con tag Nfc di trasferimento dati, unitamente al codice del lavoratore. La dipendente si era rifiutata di seguire il nuovo modello di rilevazione ed aveva continuato ad annotare i propri turni su moduli cartacei, sostenendo che il datore di lavoro non avesse adottato le misure prescritte dal regolamento Ue 2016/679 sul trattamento dei dati personali (tra cui l’informativa ai lavoratori, l’indicazione del responsabile del trattamento e la valutazione d’impatto). Inoltre, ad avviso della lavoratrice, l’applicativo installato sugli smartphone consentiva trattamenti ulteriori rispetto alla mera rilevazione dei turni di inizio e fine lavoro.
Orbene, il Tribunale ha ritenuto le eccezioni spiegate dalla lavoratrice totalmente infondate, sostenendo – con articolate motivazioni – l’insussistenza delle violazioni del RGPD imputate dalla convenuta all'ente ricorrente e, conseguentemente, alcun inadempimento da parte di quest'ultimo, di talché l'eccezione di inadempimento sollevata dalla lavoratrice è stata ritenuta infondata, prima che non conforme a buona fede, e quindi il mancato rispetto dell'obbligo di attestare le ore di entrata e di uscita al lavoro con le modalità indicate dal datore risultava privo di giustificazione, senza la necessità di procedere a valutazioni comparative tra inadempimenti alle rispettive obbligazioni.
Pertanto, secondo il Giudice di prime cure, il datore di lavoro può sostituire il sistema analogico di controllo dei turni di lavoro ed introdurre strumenti software, applicazioni e dispositivi elettronici per rilevare le presenze, se questo modello consente di «facilitare la timbratura» da parte dei lavoratori. Il potere datoriale di organizzare il lavoro e di impartire le direttive ai dipendenti si esprime anche rispetto al meccanismo più funzionale alle esigenze aziendali per la rilevazione delle presenze in entrata, a inizio turno, e in uscita, al termine dell’orario di servizio. I lavoratori hanno il correlativo obbligo di attestare l’orario di ingresso e di uscita con le nuove modalità impartite dal datore di lavoro, anche se il modello utilizzato, consistendo nell’accostamento del badge personale agli smartphone aziendali sui quali è stata installata un’apposita applicazione, risulta più invasivo rispetto al trattamento dei dati personali.
Sulla scorta di questi rilievi, il Giudice del Lavoro di Trento ha confermato il licenziamento, evidenziando che il rifiuto della lavoratrice di uniformarsi alla rilevazione delle presenze adottate dal datore non costituiva una legittima forma di autotutela.