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Corte Costituzionale, Sentenza 17 aprile 2023, n. 74
Incostituzionalità della legge Regione Campania in tema di realizzazione, organizzazione e funzionamento delle RSA pubbliche e private.
Avv. Giuseppe De Marco
La disposizione regionale censurata, nel determinare in maniera rigida la localizzazione delle strutture sanitarie, attraverso un parametro di fabbisogno associato a un criterio impermeabile a ogni verifica in concreto, limita in maniera irragionevole e sproporzionata, oltre che discriminatoria, l’iniziativa economica privata.
Con ordinanza depositata il 2 maggio 2022, il Tribunale amministrativo regionale della Campania ha sollevato questioni di legittimità costituzionale dell’art.8 comma 2 della legge della Regione Campania 22 aprile 2003, n.8 (Realizzazione, organizzazione, funzionamento delle Residenze Sanitarie Assistenziali Pubbliche e Private – RR.SS.AA.), nella parte in cui prevede che il fabbisogno di centri diurni per anziani sia «non superiore ad una [struttura] per ogni distretto sanitario di base», per violazione degli artt. 3, 32, 41 e 117, terzo comma, della Costituzione.
La disposizione della legge regionale, a detta del giudice rimettente, ostacolerebbe la «possibilità per un operatore economico di essere autorizzato all’apertura di una RSA semiresidenziale in regime ambulatoriale diurno, qualora altra struttura sia già stata autorizzata nel medesimo distretto base, introducendo un limite, astratto e generale, non previsto dalla legislazione nazionale».
Si realizzerebbero, dunque, «posizioni di concentramento di potere e di indubbio e irragionevole privilegio in capo alle strutture già presenti», che comporterebbero un vulnus alla libertà di iniziativa economica anche sotto il profilo della concorrenza, con conseguente sacrificio della possibilità per gli operatori di perseguire «livelli più elevati di qualità della prestazione».
Il giudice rimettente asserisce che la norma regionale censurata vìoli il principio di eguaglianza di cui all’art. 3 Cost., nella misura in cui, vincolando all’apertura di una sola struttura per distretto base, adotterebbe «una soluzione unica che potrebbe non essere adatta in relazione alle diverse caratteristiche dei singoli distretti base», tenuto conto che vi sarebbero «spesso notevoli e rilevanti differenze tra i vari distretti della Regione Campania».
A dimostrazione di tale assunto, il giudice a quo ricostruisce il quadro legislativo statale e regionale in materia di distretti sanitari, dal quale desume che la disposizione censurata sia «irragionevole e sproporzionata», là dove àncora «la soddisfazione del fabbisogno, legandolo alla logica una struttura/un distretto base, senza che si possano verificare in concreto le reali esigenze della popolazione ed eventualmente consentire a più strutture di farvi fronte».
L’irragionevole disparità di trattamento sarebbe resa evidente proprio dalla eterogeneità fra i diversi distretti, venendo «adottata una soluzione unica in relazione a esigenze tanto diverse».
Per la Corte Costituzionale, l’automatismo stabilito dalla legge regionale in questione, ossia la determinazione per legge -ai fini della verifica regionale di compatibilità del progetto che condiziona il rilascio da parte del comune dell’autorizzazione alla realizzazione di una nuova struttura - della localizzazione delle residenze diurne per anziani, individuando il fabbisogno delle stesse in una sola struttura per distretto sanitario di base, palesa, immediatamente, i tratti di una irragionevole e sproporzionata compressione dell’iniziativa economica privata, che si pone in aperto contrasto con gli artt. 3 e 41 Cost.
Nel correlare il fabbisogno di residenze diurne per anziani alla mera presenza di un’altra struttura nel medesimo «distretto sanitario di base», la disposizione regionale prevede un criterio che risulta irragionevolmente insensibile al fabbisogno effettivo del singolo distretto, e che può significativamente variare in funzione della differente dimensione di tale segmento territoriale.
Ne deriva una notevole variabilità della popolazione potenzialmente afferente a un singolo distretto, sicché il fabbisogno effettivo di residenze per anziani, pur a fronte di una struttura già presente nel territorio, potrebbe risultare in concreto non esaurito, in ragione dell’elevato numero di abitanti o della consistente popolazione di anziani, ivi residenti, e questo tanto più ove la struttura preesistente avesse dimensioni contenute o offrisse limitate tipologie di prestazioni.
Alla irragionevole limitazione dell’iniziativa economica privata, che deriva da una disposizione insensibile al fabbisogno effettivo, si unisce il carattere sproporzionato del relativo sacrificio. L’obiettivo di migliorare l’accesso ai servizi e di valorizzare nuovi insediamenti è, infatti, perseguito con un criterio di dislocazione territoriale, imposto in via di automatismo, che si dimostra eccessivo, se il distretto per il quale è presentata l’istanza risulta ancora carente sotto il profilo del fabbisogno concreto.
Nota
Sono pochi i casi, relativi al comparto della sanità, in cui i giudici accertano e riconoscono la violazione della libera iniziativa economica privata stabilita dall’art.41 della Costituzione.
Nel caso di specie, tuttavia, la Corte non poteva esimersi dal riconoscere la violazione, poiché l’effetto discriminatorio prodotto dalla disposizione della legge regionale campana non si adatta neanche al particolare sistema concorrenziale in cui operano le strutture pubbliche e private.
Infatti, i giudici affermano che una simile limitazione, sproporzionata e irragionevole, operante nel contesto di un meccanismo, qual è quello dell’autorizzazione che premia la priorità delle richieste, determina un ingiustificato effetto discriminatorio, che non appare coerente neppure con un regime di concorrenza “amministrata”. E di concorrenza amministrata si deve parlare, infatti, come purtroppo sappiamo, e non di concorrenza libera a proposito del rapporto pubblico-privato.
Ricordo l’altro caso in cui è stato ritenuta violata la tutela costituzionale dell’attività di impresa in sanità, ossia quando, con sentenza n.113 del 9 maggio 2022, la Corte Costituzionale dichiarava incostituzionale l’art.9 della legge regione Lazio n.13/2018, nella parte in cui prevedeva che il personale sanitario dedicato ai servizi alla persona “abbia con la struttura un rapporto di lavoro di dipendenza”.
Si tratta di una complessa operazione di bilanciamento, quella tra lo svolgimento dell’iniziativa economica privata e la salvaguardia dell’utilità sociale, per la quale vengono in evidenza «il contesto sociale ed economico di riferimento», «le esigenze generali del mercato in cui si realizza la libertà di impresa», nonché «le legittime aspettative degli operatori» (sentenza Corte Cost. n. 218 del 2021).
Se è vero, quindi, che la libertà di impresa può essere limitata in ragione di tale bilanciamento, tuttavia, come ha più volte sottolineato questa Corte, per un verso, l’individuazione dell’utilità sociale non deve essere arbitraria e, per un altro, gli interventi del legislatore non possono perseguirla con misure palesemente incongrue.
Nel caso di specie, il fine di utilità sociale che viene in rilievo, come possibile limite della libertà di attività economica privata, è di tipo sanitario.
In definitiva, la disposizione censurata, nel caso in esame così come nel caso del rapporto di lavoro di cui alla decisione del 2022, ponendo una regola non già tendenziale e modulabile, bensì rigida e assoluta, risulta essere in contrasto con il canone della ragionevolezza e proporzionalità dell’intervento normativo rispetto al fine sociale perseguito (art. 3 Cost.) e limita eccessivamente la libertà di iniziativa economica privata (art. 41 Cost.).
Roma, 3 maggio 2023