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Valutata l’attività dei Centri europei di riferimento di alta specializzazione
Direttiva sull’accesso alle prestazioni transfrontaliere (2011/24/UE)
Alberta Sciachì, Responsabile Ufficio Rapporti Internazionali
L’Expert panel on effective ways of investing in health (EXPH) ha di recente pubblicato un’opinione sull’implementazione dei centri europei di riferimento (ERN), istituiti dalla Direttiva sull’accesso alle prestazioni transfrontaliere (2011/24/UE). La costituzione di tali reti costituisce il primo esempio di una collaborazione volontaria e strutturata tra gli Stati membri nel campo della sanità, poiché riunisce istituzioni sanitarie specializzate per il trattamento di malattie rare e complesse, che colpiscono circa l’8% della popolazione ponendo un serio problema di salute pubblica. Simili patologie richiedono cure altamente specialistiche e i centri di riferimento favoriscono l’accesso a livello transfrontaliero ad un pool più ampio di expertise, offrendo così maggiori chance di ottenere una diagnosi e una cura adeguate. L’ampia raccolta di dati concernenti queste tipologie di pazienti consentirà inoltre lo sviluppo a lungo termine di studi clinici suscettibile di migliorare la comprensione delle malattie rare e di sviluppare nuovi farmaci.
Dal momento dell’introduzione del nuovo modello ospedaliero nel marzo 2017 si sono costituite 24 reti di riferimento per le patologie rare o molto complesse, costituite da 300 ospedali situati in 26 Paesi dell’Ue, tra cui anche l’Italia con numerosi ospedali e IRCSS pubblici e privati.
Nonostante il breve periodo di osservazione, che non consente conclusioni affrettate, il Panel di esperti ha confermato che i criteri per costituire un centro europeo di riferimento destinato alla cura di particolari patologie sono appropriati. I criteri proposti prevedono, infatti, che le condizioni siano rare, complesse e scarsamente conosciute, tanto da richiedere una consultazione di esperti, e che il ricorso ai centri di riferimento europei sia consentito solo nei casi in cui non esistano alternative valide per avere accesso alle expertise e ai trattamenti necessari. Nel documento sono anche prospettate le opzioni per la costituzione di nuovi reti di riferimento e le modalità con cui esse possono essere integrate nei sistemi sanitari nazionali, al cui equilibrio non arrecano alcun danno, dal momento che il trattamento in altri Paesi è consentito solo se appropriato e giustificato, costituendo invece un vantaggio per lo scambio d’informazioni e conoscenze.
Il Panel ha preso, inoltre, in considerazione le aree in cui risulti proficuo estendere l’attività dei network europei, sebbene la Direttiva faccia riferimento alle sole malattie rare, suggerendo che altre condizioni patologiche, il cui trattamento richieda risorse o expertise specializzate, possano ugualmente beneficiarne per attivare cure di alta qualità a costi sostenibili.
É stato rilevato, infine, un interesse considerevole nell’includere tra gli scopi delle ERN la ricerca e lo sviluppo di linee-guida, al di là della diagnosi e dell’assistenza al singolo paziente, nonché il training e la formazione professionale continua, in linea con le conclusioni del Consiglio europeo del giugno 2017.
Nelle raccomandazioni finali si sottolinea che le reti di riferimento possono facilitare la cooperazione e lo scambio di conoscenze a livello europeo in particolari campi della medicina e pertanto costituiscono una tra le iniziative più importanti in ambito sanitario, poiché offrono preziosi strumenti per sostenere un’assistenza aggiornata, cost-effective ed evidence-based, con ricadute positive sui sistemi nazionali.
Restano ancora irrisolti il compito dell’elaborazione di linee-guida in ambito clinico, come richiesto dalla Direttiva, e il consueto problema della sostenibilità finanziaria a lungo termine, anche se va considerato che attualmente solo il 5% dei cittadini europei ha ottenuto un trattamento all’estero.