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La cooperazione transfrontaliera in sanità
Studio della Commissione europea “Cross-border cooperation” del 27 marzo 2018
Alberta Sciachì, Ufficio Rapporti internazionali
La Commissione europea ha pubblicato, il 27 marzo scorso, lo studio “Cross-border cooperation” in cui vengono analizzate tutte le iniziative attuate nel decennio precedente nelle regioni transfrontaliere, con la prospettiva di farne un utile trampolino di lancio per lo sviluppo della collaborazione nel prossimo futuro. La ricerca è propedeutica alla valutazione dello stato di effettiva implementazione della Direttiva 2011/24/UE, prevista per la fine del 2018.
I progetti identificati riguardano vari ambiti della sanità: formazione del personale, urgenze, investimenti di capitale, scambio di conoscenze, gestione condivisa nei campi della diagnostica e dei trattamenti.
Lo studio in questione analizza i punti forte e le opportunità future, basandosi sui progetti finanziati dalla Commissione e sugli accordi bilaterali o trilaterali tra Stati membri. La difficoltà iniziale per lo sviluppo della cooperazione nell’Unione europea è costituita dal fatto che il quadro in materia di prestazioni sanitarie, protezione sociale e salute pubblica risulta assai diversificato e dunque per intensificare la collaborazione tra autorità e pubbliche e gestori di ospedali è necessario semplificare le procedure di passaggio nell’ambito dei mercati transfrontalieri.
Per quanto concerne i contenuti dei progetti, circa un quarto riguarda pazienti che hanno scelto di usufruire di prestazioni diagnostiche o terapeutiche in uno Stato diverso da quello di affiliazione, ma la grande maggioranza tratta la cooperazione tra erogatori e lo scambio di conoscenze. Più esattamente il 12% dei progetti ha come oggetto gli scambi di personale e la formazione, il 23% il miglioramento della diagnostica e delle prestazioni, il 50% lo scambio di conoscenze, solo il 6% le urgenze e solo il 5% gli investimenti.
Per ciò che riguarda poi le aree geografiche coinvolte, la collaborazione è più e sviluppata in quelle vicine non solo geograficamente, ma anche per affinità di sistemi di protezione sociale, di lingua e di tradizioni storiche. Alcune nazioni, infatti, come l’Italia, la Slovenia e l’Austria hanno una parte di storia comune, altre, come i Paesi scandinavi, agevolati da modelli simili di copertura sociale, altre ancora sono motivate dalla vicinanza geografica, come nel caso di Germania e Danimarca, Spagna e Francia. In base alla documentazione disponibile, si rileva che tutti questi progetti sono dettati o dalla necessità di compensare lacune nell’offerta nazionale di servizi o dal costo inferiore delle prestazioni in altri Paesi, ad esempio nel caso della Germania e dell’Ungheria. In generale, gli Stati dell’Europa occidentale risultano leader nelle iniziative di collaborazione sanitaria transfrontaliera e, più in dettaglio, i partner più spesso associati in questo genere di iniziative sono Germania e Paesi Bassi, Norvegia e Svezia, Ungheria e Romania.
La pubblicazione della Commissione non si limita ad una sintesi ragionata delle esperienze in atto, bensì è completata da un’analisi prospettica in cui vengono delineati, sulla base dei dati ad oggi disponibili, i fattori suscettibili d’influenzare l’avvenire della sanità in campo transfrontaliero. In questo ambito la Commissione si propone di seguire le potenzialità ed i trend futuri, individuando gli approcci strategici e delineando alcuni possibili scenari. Questi ultimi non si escludono reciprocamente, bensì cercano di offrire una panoramica dei diversi gradi di integrazione delle prestazioni sanitarie prevedibili a medio termine.
Il primo scenario concerne la cooperazione tra Stati membri, il secondo i bisogni regionali e locali, il terzo la scelta del paziente, il quarto le reti strategiche di collaborazione selettiva, il quinto gli organismi responsabili dei pagamenti nei diversi Paesi europei. I risultati dell’analisi consentono poi di raggruppare i fattori determinanti succitati in quattro dimensioni: geografica-demografica, culturale-sociale, regolamentare ed economico-tecnologica. Tali dimensioni vengono unificate nel concetto, più volte ribadito dalla Commissione, delle “frontiere fluide”, concetto che risulta evidentemente d’importanza centrale nello sviluppo della collaborazione transfrontaliera e può influire su tutti gli aspetti citati, da quello regolamentare a quello dell’innovazione.
Più concretamente lo studio presenta sei esempi centrati su personale sanitario, urgenze, spese d’investimento, produzione e condivisione di conoscenze, prestazioni diagnostico-terapeutiche. Vengono poi proposti alle autorità regionali ed ai provider una serie di orientamenti e di strumenti pratici volti a sviluppare progetti di collaborazione transfrontaliera, aiutando i soggetti interessati e gli organismi di pagamento a risolvere le problematiche del caso. Si tratta di un vero e proprio manuale costituito da cinque moduli, ognuno dei quali comprende a propria volta l’individuazione di strumenti pratici. Si esaminano, infatti, i casi proposti nelle fasi di preparazione, sviluppo, procedura contrattuale, conseguenze e analisi di produttività a livello transfrontaliero, con particolare attenzione agli aspetti giuridico-regolamentari, finanziari, amministrativi, operativi e medici.
Riguardo al futuro della sanità transfrontaliera, la Commissione giunge alla conclusione che lo scenario più probabile è il coinvolgimento delle aree confinanti per la soddisfazione dei bisogni sanitari locali e che in questo campo è importante sostenere i soggetti chiave, come le autorità pubbliche regionali e i direttori di ospedali, per ridurre i costi delle transazioni. Le collaborazione che richiedono investimenti elevati di capitali e cure di urgenza presentano generalmente vantaggi economici e sociali maggiormente significativi, ma richiedono condizioni di collaborazione più formali.
In allegato il testo completo della pubblicazione della Commissione europea.