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Un'opportunità da non perdere

Il DL semplificazione prevede che, entro il 30 aprile p.v., le aziende farmaceutiche versino 2.378 milioni di euro, in termini di ripiano della spesa farmaceutica del SSN per gli anni 2013-2017.
Dopo il 31 maggio queste risorse potranno essere ripartite alle Regioni e alle Provincie autonome, con decreto del Ministro dell’Economia, sentita l’AIFA e d’intesa con la Conferenza Stato-Regioni.
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Notizie Aiop Nazionale

COVID 19 - La tutela della privacy
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COVID 19 - La tutela della privacy

Le informative necessarie

Sonia Gallozzi, Consulente giuslavorista della Sede nazionale

Con la crisi epidemiologica in atto, i datori di lavoro si sono visti costretti a trattare con frequenza dati personali, anche sensibili, dei lavoratori, al fine di contrastare la diffusione del virus in azienda ed adempiere a tutti gli obblighi di protezione previsti dall’art. 2087 c.c. e dal D. Lgs. 81 del 2008 che pone esplicitamente in capo al datore di lavoro la responsabilità di tutelare i lavoratori dall’esposizione a rischio biologico.

In argomento, si deve premettere che il Regolamento UE 2016/679 (GDPR) prevede diverse misure per consentire i trattamenti del datore di lavoro dei dati dei propri dipendenti, in particolare, ove questi siano finalizzati all’adempimento di oneri di legge, o necessari per l’esecuzione del rapporto di lavoro.
Ed invero, ai sensi dell’art. 6 del GDPR, un trattamento è certamente lecito ove sia “necessario all'esecuzione di un contratto di cui l'interessato è parte”, o sia “necessario per adempiere un obbligo legale al quale è soggetto il titolare del trattamento” (che nel caso di specie è il datore di lavoro), od anche ove “il trattamento sia determinato dalla necessità di salvaguardare gli interessi vitali dell'interessato o di un'altra persona fisica”.
Ciò premesso, al fine di offrire chiarezza alle Strutture, occorre analizzare i singoli trattamenti che si rendono necessari (o opportuni) per far fronte alla diffusione del COVID-19.


1. Rilevazione della temperatura in ingresso

Tale trattamento è imposto dalla legge e, pertanto, è lecito previa informativa al dipendente. La relativa disposizione, già prevista dal protocollo tra le parti sociali del 14 marzo 2020 è stata riportata nel protocollo di sicurezza del 24 aprile, che è confluito nel DPCM del 26 aprile, non ancora pubblicato, il quale, all’art. 2 co. 6, dispone espressamente che “le imprese le cui attività non sono sospese rispettano i contenuti del protocollo condiviso di regolamentazione delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus covid-19 negli ambienti di lavoro sottoscritto il 24 aprile 2020 fra il Governo e le parti sociali”.
Di tal che tale trattamento è certamente legittimo, ma deve essere preceduto da un’adeguata informativa al dipendente (nonché ai soggetti terzi che transitano in struttura), con particolare riferimento alla non conservazione dei dati così rilevati in caso di esito negativo.
A questo punto, le aziende che abbiano già provveduto a predisporre l’informativa dovranno integrarla richiamando il protocollo del 24 aprile 2020.

2. Acquisizione e conservazione del dato rilevato
L’acquisizione e la conservazione del dato così rilevato, in caso di temperatura > o = a 37,5 costituisce un autonomo trattamento che ha una funzione differente rispetto alla semplice rilevazione della temperatura.
Ed invero, se, da una parte, la limitazione dell’accesso in struttura è determinata dalla necessità di tutela, l’acquisizione risponde al bisogno di giustificare l’assenza del dipendente dal posto di lavoro.
La conservazione di tale dato è legittima ove il soggetto sia un dipendente della struttura, atteso che, in tal caso, i dati dovranno essere comunicati ai soggetti preposti (ad esempio, all’ufficio del personale e al responsabile della sicurezza).

3. Trasmissione del dato
Come cennato, la conservazione e la trasmissione del dato è giustificata esclusivamente ove la temperatura rilevata non permetta l’accesso in Struttura. Tuttavia, la comunicazione dovrà avvenire esclusivamente ai soggetti che si configurino quali autonomi titolari del trattamento (Ufficio del personale o addetto alla sicurezza sui luoghi di lavoro) e, in ogni caso, nel rispetto degli artt. 28 e 29 del Reg. UE 2016/679. All’uopo, sarà opportuno prevedere nell’informativa che i dati non saranno diffusi o comunicati a terzi al di fuori da specifiche previsioni normative, atteso che gli stessi potrebbero essere richiesti dall’autorità sanitaria al fine di tracciare la diffusione del contagio.

4. Comunicazione dati direttamente dal lavoratore
Nella versione del 24 aprile u.s., il protocollo di sicurezza conferma l’obbligo per il dipendente di comunicare tempestivamente al datore di lavoro eventuali condizioni di pericolo e in particolare: “sintomi di influenza, temperatura, provenienza da zone a rischio o contatto con persone positive al virus nei 14 giorni precedenti, etc…”. I cennati dati debbono essere trattati con le medesime modalità di cui sopra; tuttavia, ove il dipendente sia venuto in contatto con colleghi, potrebbe rendersi necessario comunicare a questi l’informazione. All’uopo è opportuno prevedere dei regolamenti interni che dal punto di vista privacy tengano presente la necessità di comunicare l’esistenza di un caso di contagio, tutelando la riservatezza dell’individuo.

5. Comunicazioni del Medico competente
Con il Protocollo del 24 aprile, le parti sociali hanno inteso rafforzare il ruolo del Medico competente, il quale, in aggiunta alle attività già previste dalla legge e dal protocollo del 14 marzo, sarà tenuto ad avere un ruolo attivo nel contenimento della diffusione del virus in azienda, da una parte, suggerendo l’adozione di eventuali ulteriori mezzi diagnostici e, dall’altra, identificando i lavoratori con particolare fragilità al fine di permettere l’adozione di ogni opportuna misura.
Tale ultima attività potrebbe comportare la trasmissione di dati particolari che, se possibile, pare opportuno limitare attraverso la previsione di specifiche policy aziendali. In argomento, sembrerebbe efficace richiedere al medico l’identificazione di macro-categorie di situazioni a rischio, senza identificare i soggetti, e dare indicazioni in merito a come il lavoratore, che rientra in una delle suddette categorie, deve comportarsi (ad esempio: contattare medico di base/competente o richiedere lavoro agile).

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