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La etero-organizzazione
Decreto legge n. 101/2019 e legge di conversione n. 128/2019
Sonia Gallozzi, Consulente giuslavorista della Sede nazionale
Con le norme in commento, il legislatore ha inteso offrire tutela alla categoria dei cd. riders (definiti dal nuovo art. 47 bis, primo comma del D.lgs. n. 81/2015, introdotto dal suddetto provvedimento, come “lavoratori autonomi che svolgono attività di consegna di beni per conto altrui, in ambito urbano e con l'ausilio di velocipedi o veicoli a motore, attraverso piattaforme anche digitali”), inquadrando definitivamente il relativo rapporto di lavoro nell'ambito delle collaborazioni etero-organizzate di cui all'art. 2 del D.lgs. n. 81/2015.
Tuttavia, nel compiere tale operazione, sono stati modificati alcuni aspetti fondamentali della disciplina giuslavoristica delle collaborazioni, che potrebbero essere rilevanti per le professioni sanitarie.
Ed infatti, sebbene l’iscrizione ad un albo rientri certamente nelle cause di esclusione della novellata disciplina ai sensi della lett. b) dell'art. 2 co. 2 della l. 81 del 2015 che espressamente prevede la non applicazione della norma alle “collaborazioni prestate nell'esercizio di professioni intellettuali per le quali è necessaria l’iscrizione in appositi albi professionali”, occorre prendere atto della novella, poiché sarà probabilmente utilizzata dalla giurisprudenza a parametro sussidiario della qualificazione del rapporto subordinato.
Ed invero, come cennato, la nuova stesura dell’art. 2 del D.Lgs. 81 del 2015 la legge n. 128 del 4 novembre 2019 è stata modificata la disciplina delle collaborazioni etero-organizzate a cui si applica la disciplina del rapporto di lavoro subordinato.
Infatti, il nuovo provvedimento ha espressamente stabilito che il regime del lavoro dipendente debba essere esteso “anche ai rapporti di collaborazione che si concretano in prestazioni di lavoro prevalentemente personali, continuative e le cui modalità di esecuzione sono organizzate dal committente”.
A differenza della versione previgente del testo normativo, è stato dunque sostituito l’avverbio “esclusivamente” con l'avverbio “prevalentemente” (riferito alla natura personale delle prestazioni del collaboratore), nonché eliminato ogni riferimento “ai tempi e al luogo di lavoro” in ordine all’organizzazione da parte del committente delle modalità di esecuzione della prestazione.
Il quadro che emerge dal combinato disposto di tali modifiche, comporta un forte assottigliamento della differenziazione tra la tipologia della collaborazione etero-organizzata e la collaborazione coordinata e continuativa di cui all’art. 409 n. 3 c.p.c. che consta di un rapporto di collaborazione che si concreta in una prestazione di opera continuativa e coordinata, prevalentemente personale di natura autonoma, anche se non a carattere subordinato.
Caratteristica esclusiva del co.co.co. è quindi il coordinamento con il committente, di tal che, le due forme di collaborazione parrebbero quasi configurare due ipotesi sovrapponibili, residuando alla collaborazione etero-organizzata esclusivamente la peculiarità dell’organizzazione della prestazione di lavoro da parte del committente.
Ed invero, l’art. 409 n. 3 c.p.c., così come modificato dalla l. n. 81/2017, stabilisce che la collaborazione si intende coordinata quando, nel rispetto delle modalità di coordinamento stabilite di comune accordo dalle parti, il collaboratore organizzi autonomamente l'attività lavorativa.
Inoltre, è necessario ricordare che per il Ministero del Lavoro (circolare n. 6/2016) e l’Ispettorato del Lavoro (circolare n.n. 3 e 5/2019, vedi informaiop n. 304) e con riferimento al testo legislativo prima della modifica di cui alla l. n. 128/2019, si aveva etero-organizzazione quando il collaboratore operava all’interno di un’organizzazione datoriale rispetto alla quale fosse tenuto ad osservare determinati orari di lavoro, a prestare la propria attività presso luoghi di lavoro individuati dallo stesso committente, sempre che le prestazioni risultassero continuative ed esclusivamente personali e tali condizioni ricorressero congiuntamente.
Per “prestazioni di lavoro esclusivamente personali” si intendono le prestazioni svolte personalmente dal titolare del rapporto, senza l’ausilio di altri soggetti; le stesse devono essere inoltre “continuative”, ossia ripetersi in un determinato arco temporale al fine di conseguire una reale utilità e organizzate dal committente.
Alla luce delle modifiche apportate dalla l. n. 128/2019, posto che la prestazione potrebbe essere resa dal collaboratore anche avvalendosi di soggetti che dipendono da lui, a parere di chi scrive, si ha, in generale, etero-organizzazione quando il collaboratore sia soggetto al potere organizzativo del committente il quale può essere esercitato sia con riferimento ai tempi e luoghi di lavoro sia con riferimento ad altro (che cosa nello specifico sarà chiarito dalla dottrina e dalla giurisprudenza).
Posto quindi che in caso di collaborazione etero-organizzata si applica la disciplina del rapporto di lavoro subordinato, residua stabilire in cosa concretamente consistano le tutele offerte al lavoratore, il quale ancorché fornisca in giudizio la prova di essere etero-organizzato rimarrà comunque un lavoratore autonomo.
Per il Ministero del Lavoro (circolare n. 6/2016) la formulazione utilizzata dal Legislatore, di per sé generica, lascia intendere l'applicazione di qualsivoglia istituto, legale o contrattuale (ad es. trattamento retributivo, orario di lavoro, inquadramento previdenziale, tutele avverso i licenziamenti illegittimi ecc.), normalmente applicabile in forza di un rapporto di lavoro subordinato.
Stando, invece, alla Corte di Appello di Torino, sentenza 11 gennaio 2019, integralmente recepita nella modifica del testo di legge, la disciplina da imporre nel caso di specie è relativa alla retribuzione diretta, indiretta e differita, ossia, in sequenza: paga base, contingenza, EDR, scatti di anzianità, ferie, festività, permessi annui retribuiti, mensilità aggiuntive (tredicesima e quattordicesima), TFR e preavviso.
Inoltre, corre ricordare come la recente giurisprudenza della Cassazione sia orientata a qualificare il rapporto dei liberi professionisti operanti in strutture sanitarie private, attraverso criteri complementari e sussidiari concernenti le concrete modalità di svolgimento del rapporto.
Ed infatti, già con l’Ordinanza n. 23520 del 20 settembre 2019, commentata in Informaiop 324, la Suprema Corte ha sancito che, atteso il peculiare rapporto che si istaura tra la struttura privata e il medico, caratterizzato da uno scarsamente apprezzabile assoggettamento del lavoratore alle direttive di parte datoriale in ragione dell’alto grado di professionalità delle mansioni svolte, non è possibile far esclusivamente riferimento ai canoni del potere disciplinare, organizzativo e direttivo.
Pertanto, “in caso di prestazioni che, per la loro natura intellettuale, mal si adattano ad essere eseguite sotto la direzione continua del datore di lavoro, ai fini della qualificazione del rapporto come subordinato o autonomo, cioè l'assoggettamento del lavoratore al potere organizzativo del datore di lavoro, deve essere verificata mediante il ricorso ad elementi sussidiari, che il giudice di merito deve individuare attribuendo prevalenza ai dati fattuali emergenti dal concreto svolgimento del rapporto” (cfr. già citata Cass. Ord. n. 23520 del 2019).
Così, la Corte ha sancito che al fine di stabilire se “l'organizzazione sia limitata al coordinamento dell'attività del medico” con quella dell'impresa, occorre valutare se questa “ecceda le esigenze di coordinamento per dipendere direttamente e continuativamente dall'interesse dell'impresa”.
Pertanto, alla luce della recente giurisprudenza della Cassazione e della novella normativa in commento, occorre che le aziende procedano a tutelarsi efficacemente, escludendo la etero-organizzazione ed evidenziando la presenza di coordinamento che - lo ribadiamo - non comporta l’applicazione della disciplina del rapporto di lavoro subordinato.
A tal fine, si rende necessario prevedere all’interno dei contratti una disciplina specifica delle modalità di coordinamento tra le parti che possa declinare tale concetto astratto in oneri specifici a carico delle parti.
Ad esempio, si potrebbero inserire nel contratto delle clausole che prevedono la necessità di effettuare incontri periodici con il caposala o con la Direzione Sanitaria al fine di verificare lo stato di avanzamento dei servizi, in alternativa si potrebbe prevedere un sistema di rendicontazione periodica dei risultati raggiunti dal collaboratore, in relazione alle esigenze del committente, così da coordinare l’attività del collaboratore, senza arrivare ad organizzarla.