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A che punto siamo con la libera circolazione dei pazienti e la libera prestazione di servizi?
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A che punto siamo con la libera circolazione dei pazienti e la libera prestazione di servizi?

La Commissione pubblica l’indagine sull’attuazione della Direttiva sull’accesso alle prestazioni transfrontaliere (2011/24/UE)

Alberta Sciachì, Ufficio Rapporti Internazionale della Sede nazionale

La Commissione europea ha pubblicato il 20 luglio scorso il report finale sui servizi transfrontalieri. L’obiettivo dello studio è di proporre, partendo dall’analisi della situazione presente, una serie di raccomandazioni per migliorare il livello attuale d’informazione ai pazienti attraverso i Punti di contatto nazionali, istituiti dalla Direttiva sull’accesso alle prestazioni transfrontaliere.
La metodologia della ricerca, oltre che sull’esame dei testi legali, degli studi precedenti e dei siti internet, si è basata su indagini relative ai pazienti, su scambi bilaterali e su una serie di workshop organizzati presso centri d’informazione. I risultati fondamentali non sono confortanti. Innanzitutto, si riscontra una generale mancanza di consapevolezza riguardo all’esistenza della Direttiva 2011/24/UE e dei centri d’informazione da parte dei pazienti, i quali, a cinque anni dall’effettiva applicazione della normativa, non sono a conoscenza dei propri diritti in materia di accesso alle prestazioni all’estero e neppure della possibilità di rivolgersi ai Punti di contatto per ottenere informazioni. Anche le notizie diffuse tramite i siti internet istituzionali non sono adeguate, ma migliorabili, in particolare per quanto concerne l’informazione sui diritti dei pazienti, sugli standard di qualità e sicurezza, sul rimborso dei costi. Non si tratta certo di dettagli!
Si registrano, inoltre, grandi differenze organizzative tra uno Stato membro e l’altro riguardo al numero dei centri, alle istituzioni in cui sono inseriti, al personale, ai finanziamenti, al trattamento dei pazienti dal punto di vista organizzativo. In questo contesto, l’ampio margine di miglioramento in molti casi riscontrato può essere sostenuto da una collaborazione tra centri informativi riguardo alle migliori prassi.
In effetti, la legislazione dell’Unione ha stabilito un ampio ventaglio di diritti dei pazienti riguardo alla possibilità di accesso alle cure transfrontaliere, ma questo potenziale al presente resta inutilizzato non solo, come già detto, per la scarsa conoscenza dei cittadini e le carenze nella diffusione delle informazioni, ma anche per il persistere di barriere regolamentari e procedurali, che, come già dichiarato in precedenti studi, andranno eliminate in alcuni Stati membri per essere in linea con quanto previsto dalla Direttiva.
In questo quadro generale, che impedisce ai cittadini di ottenere pari opportunità per accedere ad un trattamento sanitario all’estero, lo studio propone alcune raccomandazione per uscire dalle numerose impasse attuali.
Per quanto concerne in primo luogo il miglioramento dell’informazione, considerata uno strumento essenziale per garantire la libera prestazione di servizi e la libera circolazione dei pazienti, è necessario: che questi ultimi siano messi in grado di compiere “scelte informate” sui servizi disponibili in altri Paesi dell’Ue; che gli erogatori di cure siano a loro volta informarti sui diritti dei cittadini europei per evitare discriminazioni basate sulla nazionalità; che gli Stati membri siano consapevoli dei loro obblighi di legge nel garantire l’accesso ai servizi sanitari all’estero, contribuendo a diminuire gli ostacoli procedurali ed a limitare le restrizioni imposte ai pazienti, se non per ragioni imperativi di interesse generale.
Riguardo poi all’informazione trasmessa tramite i siti web dei Punti di contatto, risulta che quella fornita ai pazienti in uscita è insufficiente in merito al rimborso del trattamento ricevuto all’estero, mentre in quella data ai pazienti in entrata si rilevano carenze sui loro diritti, nonché sulle norme di qualità e sicurezza.
Al di là delle inefficienze organizzative e delle barriere poste dagli Stati membri esistono, tuttavia, ragioni oggettive, pure indicate dal report, che scoraggiano i pazienti dal recarsi all’estero: la soddisfazione per i trattamenti sanitari ricevuti nel proprio Paese, in genere da parte delle persone più istruite e benestanti; la “convenienza”, una preoccupazione prevalente nelle classi socialmente meno avvantaggiate; le barriere linguistiche, un ostacolo sensibile trattandosi di assistenza sanitaria; la mancanza d’informazione sulla disponibilità e la qualità dei trattamenti all’estero; l’impossibilità di anticipare i costi ricevendone il rimborso successivamente, l’incertezza riguardo alla possibilità e ai tempi necessari per ottenere il rimborso stesso.
Gli obiettivi di quest’ultimo studio della Commissione superano quelli stabiliti per le ricerche precedenti, in quanto, non solo ci si propone di formulare raccomandazioni concrete, ma si fornisce anche una serie di linee guida, indicatori e strumenti operativi per migliorare la situazione attuale, in modo che i Punti di contatto nazionali nei loro servizi ottemperino alle prescrizioni della Direttiva sulla mobilità, in maniera più uniforme e centrata sul paziente. In particolare, tali proposte mirano a: accrescere la consapevolezza dei pazienti riguardo ai loro diritti ed ai passi concreti da fare per accedere ai servizi all’estero; diffondere un’informazione chiara, accurata ed attendibile; assistere i Punti di contatto nazionale e gli erogatori di prestazioni nel fornire tali informazioni in linea con le prescrizione della Direttiva; chiarire l’interazione tra la Direttiva stessa ed i regolamenti di sicurezza sociale; migliorare la consapevolezza dell’uguaglianza nel diritto di accesso per tutti i pazienti, senza riferimento al loro stato finanziario, alle conoscenze in materia di sanità ed alla disabilità; stabilire una diffusione dell’informazione più uniforme e contribuire a fissare tempi chiari e procedure trasparenti in tutta l’Unione; attivare partnership formali e collaborazione tra i Punti di contatto, contribuendo ad un miglioramento continuo delle loro prassi.
Vedremo al prossimo report se la situazione si è sbloccata.

In allegato il testo completo dello studio della Commissione europea
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