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Notizie dalla Liguria

Riprende il dialogo Aiop-Aris con le Organizzazioni Sindacali

Il rinnovo del Contratto nazionale del personale non medico, che opera nella componente di diritto privato del Ssn è, da sempre, un’assoluta priorità per Aiop e Aris, e non è mai stato messo in discussione, nel rispetto dei legittimi interessi delle parti. A seguito dell’improvvisa interruzione delle trattative, avvenuta il 27 gennaio scorso, Barbara Cittadini, Presidente nazionale Aiop e Padre Virginio Bebber, Presidente nazionale Aris, hanno avviato immediati contatti con tutti gli interlocutori istituzionali, ribadendo l'assoluta volontà di rispettare gli impegni assunti nei confronti degli oltre 100mila lavoratori che ogni giorno, con grande professionalità, consentono agli italiani di avere una risposta alla propria domanda di salute, tenuto conto delle esigenze delle strutture rappresentate.

Il cammino verso il rinnovo del CCNL del personale non medico ha compiuto un nuovo passo in avanti

Forte segnale di responsabilità da parte dell’Assemblea AIOP

L’Assemblea generale dell’Aiop, convocata a Roma il 22 gennaio u.s., per esprimersi sul tema del rinnovo del CCNL, ha ribadito la volontà di definire, in tempi rapidi, l’intesa per il rinnovo del contratto del personale non medico della componente di diritto privato del Ssn, nel rispetto degli accordi e dei risultati con le Istituzioni e le Organizzazioni sindacali.
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Notizie Aiop Nazionale

Il timore che si sia deospedalizzato troppo
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Il timore che si sia deospedalizzato troppo

Rapporto 2020 della Corte dei Conti sul coordinamento della finanza pubblica

Avv. Giuseppe De Marco, LegalSanità

Dal Rapporto 2020 della Corte dei Conti sul coordinamento della finanza pubblica, con riferimento alla Sanità e al nuovo Patto della Salute, risulta, in un quadro sempre articolato, una doppia sottolineatura: l’importanza del controllo della spesa e, tuttavia, la necessità di superare diverse criticità, evidenziate ancora di più dall’emergenza sanitaria in corso.
L’emergenza, infatti, ha riportato al centro dell’attenzione le caratteristiche del sistema sanitario: punti di forza sì, ma anche aspetti problematici determinati da scelte operate negli ultimi anni.

Il Rapporto ripercorre i cambiamenti intervenuti a partire dalla crisi finanziaria degli ultimi anni: la graduale riduzione della spesa pubblica per la sanità e il crescente ruolo di quella a carico dei cittadini; la contrazione del personale a tempo indeterminato e il crescente ricorso a contratti a tempo determinato o a consulenze; la riduzione delle strutture di ricovero ospedaliere e l’assistenza territoriale; il rallentamento degli investimenti.
Il crescente squilibrio demografico e il conseguente onere destinato a gravare sui lavoratori (è ben noto che tra soli 20 anni, guardando alle previsioni, il rapporto passerà a un pensionato ogni due persone in età da lavoro, diminuendo la ricchezza generata e le risorse pubbliche a disposizione a fronte di un aumento dei bisogni di salute e assistenza) hanno acuito le difficoltà anzidette.

Sulle dotazioni organiche del sistema di assistenza hanno altresì inciso: il permanere per un lungo periodo di vincoli alla dinamica della spesa per il personale e le carenze, specie in alcuni ambiti, di personale specialistico (In termini di numero di medici, il nostro Paese è in cima alle graduatorie europee: operano in Italia 3,9 medici per 1000 abitanti contro i 4,1 in Germania, i 3,1 in Francia e i 3,7 in Spagna. Diverso il caso del personale infermieristico nel cui ambito, all’opposto, il numero degli operatori laureati nel nostro Paese è molto inferiore alla media europea e più limitati sono i margini di un loro utilizzo, nonostante il crescente ruolo che questi possono svolgere in un contesto di popolazione sempre più anziana).
Il vincolo finanziario ha inciso finora anche sugli investimenti. Ma non sono i soli vincoli finanziari – si afferma nel rapporto - ad incidere sul rallentamento della politica infrastrutturale. Infatti, sono numerose le Regioni che non hanno ancora definito, in attuazione della legge 67/1988 (art.20), progetti di intervento per una quota significativa delle risorse destinate: è il caso dell’Abruzzo che ha attivato solo il 36 per cento dei fondi, del Molise il 21 per cento, ma anche della Puglia, Calabria, Sicilia e Sardegna, tutte al di sotto del 60 per cento; infine, il Lazio ha sottoscritto accordi per il 75 per cento.

Nel 2019, la spesa sanitaria ha raggiunto i 115,4 miliardi, con un incremento dell’1,4 per cento rispetto al 2018, inferiore a quella prevista nel DEF 2019 (+2,3 per cento), rimanendo sostanzialmente invariata l’incidenza in termini di prodotto rispetto al 2018. L’aumento degli esborsi per redditi da lavoro del 3,1 per cento, anche per la sottoscrizione dei rinnovi contrattuali della dirigenza sanitaria medica e non medica (e dei relativi arretrati), è in parte compensato dall’aumento della spesa per consumi intermedi del solo 0,3 per cento, mentre le spese per prestazioni sociali in natura (assistenza farmaceutica convenzionata, assistenza medico generica, ospedaliera, specialistica riabilitativa) aumentano dell’1,4 per cento. La variazione registrata nell’anno risulta comunque molto contenuta e conferma la stabilizzazione di questa spesa rispetto al prodotto”.

La prolungata attenzione sul fronte della spesa, i processi di riorganizzazione delle strutture sanitarie sul territorio e le difficoltà di adeguare l’offerta pubblica al mutare delle caratteristiche della domanda di assistenza, si sono riflessi in un ampliamento della spesa a carico delle famiglie.
Emerge dal Rapporto in esame, a mio avviso, soprattutto una mozione di censura della politica dei tagli: di quella arbitraria decisione, con effetti incompiuti, di ridurre i posti letto ospedalieri senza garantire un’efficace rete di servizi del territorio.
L’insufficienza delle risorse destinate al territorio ha reso più tardivo e disarmato, rileva la Corte, il primo fronte che doveva essere in grado di opporsi al dilagare della malattia e che si è trovato esso stesso coinvolto nelle difficoltà della popolazione, pagando un prezzo in termini di vite molto alto.

Nella relazione in argomento, i rischi insiti nel ritardo con cui ci si è mossi per rafforzare le strutture territoriali, a fronte del forte sforzo operato per il recupero di più elevati livelli di efficienza e di appropriatezza nell’utilizzo delle strutture di ricovero, sono stati doverosamente sottolineati:
Se aveva sicuramente una sua giustificazione a tutela della salute dei cittadini la concentrazione delle cure ospedaliere in grandi strutture specializzate riducendo quelle minori che, per numero di casi e per disponibilità di tecnologie, non garantivano adeguati risultati di cura (la banca dati Esiti da questo punto di vista ne forniva una chiara evidenza), la mancanza di un efficace sistema di assistenza sul territorio ha lasciato la popolazione senza protezioni adeguate”.

La Corte dei Conti afferma icasticamente che c’è il timore che si sia deospedalizzato troppo.
Con la flessione registrata a 3,2 posti letto per 1000 abitanti, l’Italia si pone ben al di sotto degli standard di Francia e Germania (6 e 8 p.l.), assimilando la nostra condizione a quella di Spagna e Gran Bretagna.
Viene da domandarsi allora: è stato raggiunto l’obiettivo di contenere la quota di risorse destinate all’assistenza ospedaliera per destinarne maggiori alla assistenza territoriale?
Giustamente la Corte sottolinea il rischio che un inadeguato investimento sul territorio si ripercuota negativamente sugli ospedali, facendo gravare, inoltre, sugli stessi operatori un onere inaccettabile in termini di vite umane.
Saranno necessarie, pertanto, risorse per gli investimenti diretti a riportare le strutture sanitarie ad efficienza.
Quali scelte adottare? Sicuramente, viene sottolineato, bisogna proseguire sul percorso riproposto dal Patto della salute sottoscritto lo scorso dicembre, per potenziare la capacità di programmazione della spesa a livello di comunità territoriali: “la necessità e l’urgenza, quindi, di accompagnare un più corretto utilizzo delle strutture di ricovero con il potenziamento di quelle territoriali e di riorganizzare le attività dei medici di medicina generale, reti specialistiche multidisciplinari, oltre che il potenziamento ulteriore di ADI e assistenza residenziale”.
Nondimeno, va mantenuto l’esercizio di controllo della spesa, proprio “per evitare che inefficienze e cattiva gestione non consentano di tradurre l’aumento dei finanziamenti in effettivi servizi al cittadino”.

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