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Notizie dalla Liguria

Si apre il confronto con il nuovo Governo

Il Presidente Cittadini chiede un incontro con il nuovo Ministro della Salute, Giulia Grillo

L'Aiop riunisce al suo interno imprenditori con una visione di sistema inclusiva che declina, rispetto ai mutati bisogni di salute degli italiani, un’offerta adeguata ad una domanda di salute che è profondamente mutata. Ritenendo di avere un ruolo significativo e di essere un soggetto in grado di rispondere alle aspettative dei cittadini e di contribuire, quindi, anche ad una migliore performance del Servizio sanitario nazionale, il Presidente nazionale Aiop, Barbara Cittadini, ha chiesto un incontro con il neo Ministro della Salute, Giulia Grillo, per confrontarsi in merito alla salvaguardia dell’universalismo, elemento prezioso che contribuisce a fare del nostro Ssn uno dei migliori al mondo.

In vigore il nuovo Regolamento attuativo

Nuove regole operative dal 29 maggio 2018

Con delibera del 15 maggio scorso, l'Autorità garante della concorrenza e del mercato ha varato il nuovo Regolamento attuativo in materia di rating di legalità, entrato in vigore il 29 maggio 2018, con le finalità di assicurare una maggior efficacia del controllo in sede di rilascio del rating, ma anche di semplificare, snellire e chiarificare le procedure per l'attribuzione, la modifica, il rinnovo, la revoca e l'annullamento della certificazione.


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Notizie Aiop Nazionale

La condotta insubordinata del lavoratore e il licenziamento disciplinare
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La condotta insubordinata del lavoratore e il licenziamento disciplinare

Sentenza Cassazione, Sez. Lavoro n. 13411 del 1.07.2020

Sonia Gallozzi, Consulente giuslavorista della Sede nazionale

La vicenda che ci occupa muove dal ricorso di un lavoratore, che aveva investito il Tribunale al fine di sentir accertare e dichiarare l’illegittimità del licenziamento intimatogli all’esito di un procedimento disciplinare a suo carico per aver tenuto una condotta insubordinata, aver violato le regole di correttezza e buona fede ed aver rivolto minacce a una collega di lavoro.
Il Giudice di prime cure accoglieva il ricorso, ma la decisione veniva riformata dalla Corte di Appello di Trento, che riteneva legittimo il recesso datoriale in considerazione del comportamento tenuto dal lavoratore.
Ed invero, secondo la ricostruzione fattuale operata dal Collegio, al termine della giornata lavorativa era sorta una discussione tra l’ex dipendente e la responsabile amministrativa della società avente ad oggetto la restituzione di una chiavetta per l’uso del distributore del caffè. Il lavoratore aveva chiuso la porta dell’ufficio della collega ed aveva pronunciato la frase: “prima o poi, in sede più consona, dovrò farti un discorso”, puntandole contro il dito. Solo a seguito dei ripetuti inviti ad uscire dalla stanza e dopo che la responsabile amministrativa aveva sollevato la cornetta per chiamare l’amministratore, il lavoratore si era deciso a lasciare l’ufficio.
Ad avviso della Corte territoriale, il comportamento tenuto dal lavoratore integrava la violazione degli articoli 2104 e 2105 c.c., nonchè delle regole di condotta dettate sia dal CCNL applicato, ai sensi dei quali il licenziamento è comminato al lavoratore che commetta gravi infrazioni alla disciplina e alla diligenza nel luogo di lavoro. La minaccia verbale era infatti stata accompagnata da un atteggiamento intimidatorio, idoneo ad incutere il timore di uno scontro verbale fuori dai locali aziendali, tale da turbare la serenità della collega di lavoro, gerarchicamente sovraordinata.
La Corte territoriale aveva altresì evidenziato la gravità della condotta sotto il profilo soggettivo, in considerazione del fatto che il dipendente aveva registrato la conversazione, comportamento che rivelava la consapevolezza e l’intensità dello scontro verbale e la volontà di provocarlo per procurarsi una prova di condotta non corretta della superiore.
Proponeva ricorso per Cassazione il lavoratore, affidandosi a tre motivi di ricorso. Con i primi due motivi questi lamentava l’assenza di un rapporto di subordinazione gerarchica tra lui e la responsabile amministrativa della società e, pertanto, la sentenza impugnata avrebbe errato nel ritenere sussistente, nella fattispecie, una condotta di “insubordinazione”.
Con il terzo motivo, il lavoratore sosteneva, inoltre che la Corte territoriale avrebbe errato nel ritenere legittima l’applicazione della sanzione espulsiva posto che, nel caso in esame, non si era configurata la fattispecie per la quale il CCNL applicato prevedeva la sanzione espulsiva. Ed infatti, secondo il predetto, il contratto collettivo disponeva la sanzione espulsiva in caso di “diverbio litigioso, seguito da vie di fatto avvenuto nel recinto dello stabilimento e che rechi grave perturbamento alla vita aziendale”, mentre il Collegio aveva ritenuto legittimo il licenziamento, nonostante lo scontro fosse stato verbale ed avesse arrecato perturbamento alla sola collega di lavoro e non alla vita aziendale.
La Corte di Cassazione ha ritenuto infondati i suddetti motivi di ricorso e rigettato le istanze del lavoratore.
Quanto ai primi due motivi, la Suprema Corte ha evidenziato che “il concetto di insubordinazione va determinato anche alla stregua dell’accezione lessicale e del significato del termine nel linguaggio giuridico ed in quello corrente”. Infatti, a parere della Corte, “la nozione di insubordinazione, nell’ambito del rapporto di lavoro subordinato, non può essere limitata al rifiuto di adempimento delle disposizioni dei superiori, ma implica necessariamente anche qualsiasi altro comportamento atto a pregiudicare l’esecuzione ed il corretto svolgimento di dette disposizioni nel quadro della organizzazione aziendale”.
Inoltre, anche il carattere extralavorativo di un comportamento non ne preclude in via generale la sanzionabilità in sede disciplinare, posto che gli obblighi di cui agli artt. 2104 e 2105 c.c. si riferiscono anche ai “vari doveri strumentali e complementari che concorrono a qualificare il rapporto di lavoro”.
Con riferimento, poi, al terzo motivo di ricorso, la Suprema Corte ha rilevato che la condotta posta in essere dal dipendente non poteva considerarsi sussumibile in quella del “mero diverbio tra colleghi senza via di fatto”, in quanto nella fattispecie vi era stata una palese minaccia verbale che aveva lasciato presagire alla collega di lavoro il timore di uno scontro, anche se solo verbale, fuori dai locali aziendali.
Con la sentenza in argomento, la Suprema Corte ha quindi ribadito due importati principi generali: la nozione di insubordinazione, nell’ambito del rapporto di lavoro subordinato, non può essere limitata al rifiuto di adempimento delle disposizioni dei superiori, ma implica anche qualsiasi altro comportamento atto a pregiudicare l’esecuzione ed il corretto svolgimento di dette disposizioni nel quadro della organizzazione aziendale.
Inoltre, il carattere extralavorativo di un comportamento non ne preclude in via generale la sanzionabilità in sede disciplinare, in quanto gli artt. 2104 e 2105 c.c., richiamati dalla disposizione dell’art. 2106 c.c. relativa alle sanzioni disciplinari, non vanno interpretati restrittivamente e non escludono che il dovere di diligenza del lavoratore subordinato si riferisca anche ai vari doveri strumentali e complementari che concorrono a qualificare il rapporto di lavoro.
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