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Notizie dalla Liguria

Rinnovo del contratto della componente di diritto privato del SSN

Il 12 novembre è stata una giornata importante nel percorso di rinnovo del CCNL del personale dipendente (non medico) delle strutture Aiop e Aris.
Al tavolo ministeriale, convocato dal Ministro della Salute, Roberto Speranza, le parti sociali hanno siglato un documento - preparato dall’Ufficio Studi Aiop e condiviso con Aris, OOSS e Conferenza delle Regioni – nel quale viene determinato l’impatto economico del rinnovo del CCNL, distinto per territorio, che consentirà al Governo di potere predisporre un emendamento, per modificare il DL 95/2012, consentendo, pertanto, alle singole Regioni di finanziare il 50% del suddetto rinnovo.

Il Presidente Cittadini, il Comitato esecutivo e il Direttore Leonardi nei territori Aiop

Continuano gli incontri della Presidenza nazionale con le Sedi regionali

Il 19 giugno hanno incontrato gli Associati Aiop della Puglia, e il suo Presidente, Potito Salatto.
La Presidente nazionale AIOP ha, una volta ancora, manifestato la disponibilità della Sede nazionale ad esaminare specifiche richieste che abbiano una valenza territoriale, ribadendo che il ruolo della Sede è quello di dare una risposta coerente alle esigenze degli Associati in termini di servizi associativi e di condividere e supportare richieste diffuse e comuni, soprattutto, delle Sedi non strutturate.
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Notizie Aiop Nazionale

Non esiste a favore del lavoratore subordinato un diritto soggettivo alla parità di trattamento
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Non esiste a favore del lavoratore subordinato un diritto soggettivo alla parità di trattamento

Corte di Cassazione: ordinanza 8299 del 25 marzo 2019

Sonia Gallozzi, Consulente giuslavorista della Sede nazionale

La pronuncia in commento affronta il caso di un lavoratore che adiva il Tribunale di Catania al fine di veder dichiarato illegittimo il proprio trattamento normativo ed economico poiché inferiore, a parità di lavoro, rispetto a quello percepito dai colleghi.
Ed invero il dipendente, all’esito di un particolare iter di trasformazione del proprio contratto di lavoro a tempo indeterminato, a parità di retribuzione, si era visto escluso da alcune indennità economiche previste da alcuni accordi aziendali.
Il Giudice adito, espletata l’istruttoria, condannava la convenuta Azienda al pagamento della somma determinata mediante Consulenza Tecnica d’Ufficio. Il giudizio d’appello, incardinato dall’azienda, in parziale riforma della sentenza impugnata, riduceva le somme determinate dal giudice di prime cure e condannava il dipendente alla restituzione delle differenze, il quale proponeva ricorso per Cassazione, evidenziando, tra l’altro, una presunta contrarietà all’art. 36 della Costituzione che prevede il diritto del lavoratore a percepire una retribuzione proporzionata “alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un'esistenza libera e dignitosa”.
La Cassazione, sulla scorta della propria granitica giurisprudenza (tra cui Cass. n. 524/17 e Cass. n. 26925/16), rigettava il ricorso. La Corte, dopo aver ribadito che rispetto alla retribuzione stabilita dai contratti collettivi vi è una presunzione di adeguatezza ai principi di proporzionalità e sufficienza di cui al predetto art. 36 Cost., ha precisato che tale presunzione “investe le disposizioni economiche dello stesso contratto anche nel rapporto interno fra le singole retribuzioni ivi stabilite”.
Pertanto, secondo la Corte, ai fini dell'accertamento dell'adeguatezza di una determinata retribuzione, non può farsi riferimento ad una singola disposizione del contratto che preveda un diverso trattamento retributivo per altri dipendenti, potendo l’eventuale inadeguatezza “essere accertata solo attraverso i parametro di cui all'articolo 36 Cost., che é “esterno” rispetto al contratto”, né può assumere rilievo, ai fini di tale accertamento, l'eventuale disparità di trattamento fra lavoratori della medesima posizione, atteso che “non esiste a favore del lavoratore subordinato un diritto soggettivo alla parità di trattamento”.
Con ciò, la Corte ha voluto ribadire che l'inadeguatezza di una retribuzione può essere accertata solo sulla base del parametro costituzionale e che quindi non è possibile a tal fine fare riferimento a una singola disposizione del contratto collettivo che prevede per alcuni lavoratori un trattamento differente rispetto a quello previsto per gli altri. Ed invero, nell’ordinanza è stato sottolineato come non solo non opera il principio di parità di trattamento, ma, fuori dai casi espressamente previsti dalla legge, “non é consentito alcun controllo di ragionevolezza da parte del giudice sugli atti di autonomia, sia collettiva che individuale, sotto il profilo del rispetto delle clausole generali di correttezza e buona fede, che non sono invocabili in caso di eventuale diversità di trattamento non ricadente in alcuna delle ipotesi legali (e tipizzate) di discriminazione vietate”.
In altre parole, la Suprema Corte, in tale secondo principio enunciato nell’ordinanza, ha ribadito come sia precluso il vaglio del giudice sulla ragionevolezza di atti di autonomia, sotto il profilo del rispetto delle clausole generali di buona fede e correttezza, clausole che non possono essere invocate dinanzi a ipotesi di diversità di trattamento che non sono riconducibili alle discriminazioni vietate legali e tipizzate.
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