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Notizie dalla Liguria

La scomparsa del Presidente Gustavo Sciachì

Presidente nazionale Aiop dal 1985 al 2000

Lo scorso 25 marzo si è spento l’avvocato Gustavo Sciachì, presidente nazionale Aiop dal 1985 al 2000. Un lungo tratto di strada che rende evidente la grande stima e la fiducia che l’Associazione ha risposto nella sua persona. La sua presidenza ha attraversato il tratto più lungo dei 50 anni della storia dell’Aiop, incidendo profondamente sullo sviluppo dell’Associazione, portandola ad acquisire soprattutto maggiore credibilità e forza nel confronto con le istituzioni regionali e nazionali.

Vietato curarsi negli ospedali migliori

Intervista al Presidente nazionale, Gabriele Pelissero, pubblicata su Il Giornale

«Stiamo scivolando verso una situazione inaccettabile - lancia l'allarme Gabriele Pelissero, presidente dell'Aiop -. Invece di migliorare il livello medio nelle regioni che più zoppicano, si vogliono introdurre filtri e blocchi contro le realtà all' avanguardia. E in questo modo, senza che l' opinione pubblica sia stata informata, si toglierà a migliaia di pazienti il potere di scegliere i centri più evoluti. Penso alle migliaia di persone che oggi puntano a Nord per farsi impiantare una protesi all' anca o al ginocchio».

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Notizie Aiop Nazionale

Jobs Act. No alla reintegra se il patto di prova è nullo
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Jobs Act. No alla reintegra se il patto di prova è nullo

Tribunale di Milano – Sezione lavoro sentenza n. 730 dell’08 aprile 2017

Sonia Gallozzi, Consulente giuslavorista della Sede nazionale

Il Tribunale di Milano, nella pronuncia oggi in commento ha affrontato il caso di una dipendente, assunta successivamente al 7 marzo 2015, nei confronti della quale trovava applicazione la disciplina del c.d. contratto di lavoro a tutele crescenti, introdotta dal D.lgs 4 marzo 2015, n. 23, la quale aveva richiesto di accertare la nullità del patto di prova con consequenziale reintegra sul posto di lavoro.
Com’è noto, il patto di prova, per oramai pacifica giurisprudenza, per essere valido deve contenere l’indicazione specifica delle mansioni che sono oggetto della prova, che può essere realizzata mediante rinvii al sistema classificatorio della contrattazione collettiva, purché vi siano riferimenti specifici che tengano conto della categoria, qualifica o livello professionale del singolo, contenuti nel contratto di lavoro. Ciò, al fine di poter determinare nel dettaglio quali saranno le mansioni che il neoassunto andrà a svolgere e, conseguentemente, permettere sia al dipendente, sia al datore di lavoro chiarezza sulle mansioni che formeranno oggetto della prova.
Nel caso in oggetto, il Tribunale di Milano ha ritenuto nullo il patto di prova poiché, appunto, privo “di specifica indicazione, in forma scritta, delle mansioni che ne costituiscono l’oggetto”, essendovi la sola indicazione del ruolo della lavoratrice, ossia Analyst Consultant; formulazione che, a parere del giudice di merito, “è in sé priva di contenuto specifico, soprattutto in assenza di qualsivoglia ulteriore indicazione sull’area di operatività della lavoratrice”, andando dunque ad esaminare la tutela da applicare ed ossia se quella reintegratoria ovvero indennitaria.
Orbene, se per i rapporti instauratisi prima dell’introduzione del Jobs Act (ed ossia in epoca antecedente il 7 marzo 2015), la giurisprudenza è stata concorde nel ritenere che il patto di prova nullo comportasse la reintegra del lavoratore sul posto di lavoro, meno chiaro è quale sia il regime concretamente applicabile al licenziamento intimato per mancato superamento del periodo di prova viziato da nullità per i lavoratori a cui si applica il Jobs Act.
Ed infatti secondo alcune sentenze, come quelle del Tribunale di Torino del 16/09/2016 e del Tribunale di Milano del 3/11/2016, sarebbe applicabile, a questa specifica ipotesi di illegittimità del licenziamento, la tutela reintegratoria, trattandosi di “licenziamento per giustificato motivo soggettivo o per giusta causa in cui sia direttamente dimostrata in giudizio l'insussistenza del fatto materiale contestato al lavoratore”.
Pur tuttavia, il Tribunale di Milano, ribaltando la giurisprudenza formatasi sul punto, con la pronuncia che ci occupa, è giunto invece ad una diversa conclusione, ritenendo inapplicabile la tutela reintegratoria, prevista dal comma 2 dell'art. 3 del D. Lgs. n. 23/2015, e applicando invece la tutela indennitaria, prevista dal comma 1. Il Giudice lombardo ha affermato che il licenziamento intimato per mancato superamento della prova viziata da nullità non può essere assimilato al licenziamento per giusta causa, di cui sia stata dimostrata l'insussistenza del fatto materiale, poiché il mancato superamento della prova non integra né presuppone necessariamente una condotta disciplinarmente rilevante (anche quando sia legato alle valutazioni aziendali circa le qualità professionali, il comportamento e la personalità del lavoratore in relazione all'adempimento della prestazione). Il Tribunale ha quindi ritenuto che, in presenza di un patto di prova nullo, il recesso motivato con riferimento al mancato superamento della prova sia “meramente ingiustificato”, al pari del licenziamento intimato in assenza di giusta causa e di giustificato motivo oggettivo o soggettivo. Il Giudice ha quindi dichiarato estinto il rapporto di lavoro e ha condannato la Società al pagamento di quattro mensilità di retribuzione in ragione della anzianità di servizio del lavoratore, inferiore a due anni.
La soluzione da ultimo prospettata rappresenta, di certo, il punto d’arrivo di un lungo processo interpretativo che si pone chiaramente in rapporto di prossimità con l’intenzione prima ricercata dal legislatore con il Jobs Act, fornendo alla tutela risarcitoria il protagonismo promosso dal legislatore del 2015.
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