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Notizie dalla Liguria

Professioni sanitarie. Firmato il decreto attuativo che istituisce i nuovi albi

Decreto attuativo della legge n. 3 del 2018

È stato firmato dal Ministro della Salute Beatrice Lorenzin il primo decreto attuativo della legge n. 3 del 2018, meglio conosciuta come la legge che ha riformato il sistema ordinistico delle professioni sanitarie in Italia. Si tratta del decreto che istituisce gli albi delle 17 professioni sanitarie, fino ad oggi regolamentate e non ordinate, che entreranno a far parte dell’Ordine dei tecnici sanitari di radiologia medica e delle professioni sanitarie tecniche, della riabilitazione e della prevenzione.

Dalla privacy alla cybersecurity, le strutture cercano nuove figure

AAA cercasi ortopedici, anestesisti, geriatri e fisiatri. Ma anche figure nuove per la sanità italiana

AAA cercasi ortopedici, anestesisti, geriatri e fisiatri. Ma anche figure nuove per la sanità italiana, in grado di tutelare la privacy e i dati sanitari dei pazienti, o difendere le strutture dai cyberattacchi informatici. La sanità sta cambiando volto, anche quella privata. "Con l'espansione del settore delle cure per gli anziani, negli ospedali e nelle Rsa queste figure tradizionali sono molto richieste. Ma accanto a loro vediamo anche emergere la domanda di professionalità nuove, con competenze trasversali". Parola del direttore generale di Aiop, Filippo Leonardi, che con l'Adnkronos Salute fa il punto sulle professioni più gettonate dalle aziende e dai gruppi del settore nel nostro Paese.
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Notizie Aiop Nazionale

L’utilizzo di fattispecie contrattuali non disciplinate nel contratto collettivo applicato
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L’utilizzo di fattispecie contrattuali non disciplinate nel contratto collettivo applicato

Corte di Cassazione sentenza n. 29423 del 2019

Sonia Gallozzi, Consulente giuslavoristico della Sede nazionale

Con la Sentenza in commento la Suprema Corte ha sancito che è possibile utilizzare delle forme contrattuali non disciplinate nel CCNL, nonostante la legge operi un rinvio alla contrattazione collettiva per la disciplina analitica e questa sia rimasta inerte.
In particolare, con riferimento all’utilizzo del lavoro intermittente che, ai sensi dell’art. 13 del D.Lgs 81 del 2015 è definito come “Il contratto di lavoro … anche a tempo determinato, mediante il quale un lavoratore si pone a disposizione di un datore di lavoro che ne può utilizzare la prestazione lavorativa in modo discontinuo o intermittente secondo le esigenze individuate dai contratti collettivi”, la Cassazione ha evidenziato come il potere di intervento sostitutivo conferito espressamente dal legislatore al ministero (in caso di comportamento inerte o contrario delle parti sociali) denoti in termini inequivoci “la volontà del legislatore di garantire l’operatività” dell’istituto contrattuale e ciò in coerenza con il complessivo impianto della legge delega 30/2003 e con la dichiarata finalità di disciplinare e razionalizzare le tipologie contrattuali, quali il lavoro a chiamata, temporaneo, occasionale, accessorio.
Ed invero, il legislatore, nel disciplinare il lavoro intermittente, ha previsto che “in mancanza di contratto collettivo, i casi di utilizzo del lavoro intermittente sono individuati con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali” che, con il decreto 459/2004, ha dato attuazione alla lettera della legge.
Pertanto, la Suprema Corte, con la Sentenza in commento, ha ricordato che il potere attribuito alle parti sociali dalla disciplina normativa del contratto intermittente debba intendersi limitato alla mera individuazione delle esigenze che ne consentono l’utilizzo e non alla decisione circa l’utilizzabilità tout court di tale tipologia contrattuale.
Orbene, residua comprendere se l’iter argomentativo seguito dalla Corte possa essere applicato ad altre fattispecie contrattuali che non risultano disciplinate dai CCNL.
Ed invero, con riferimento al lavoro intermittente, la Cassazione rileva che le parti collettive non ne possono impedire l’utilizzo sia perché la legge prevede un meccanismo (l’emanazione di un decreto ministeriale) volto proprio a supplire l’inerzia delle parti sociali nella regolazione del rapporto, sia perché manca nella legge un espresso rinvio al “potere di veto” delle parti collettive.
Questo ultimo aspetto è quello maggiormente interessante. Infatti, applicando il criterio interpretativo suggerito dalla Corte di Cassazione, si potrebbe giungere a conclusioni analoghe a quelle formulate nella Sentenza per quanto concerne altre tipologie di lavoro atipiche come, ad esempio l’apprendistato che, ad oggi, non risulta ancora disciplinato dal CCNL AIOP.
Tuttavia tale istituto, benché non menzionato nel contratto collettivo del 2005, dovrebbe poter essere utilizzato facendo riferimento ad una regolamentazione contrattuale di settore affine per individuare sia i profili normativi che economici dell’istituto, qual è nel nostro caso il contratto Aiop - RSA che, invece, prevede l’istituto.
Tale conclusione risulta altresì avvalorata dalla nota n. 18194 del 4 ottobre 2016 del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, con cui viene sancito che “in assenza di previsione collettiva e di espresso divieto il contratto può essere attivato nel rispetto delle condizioni soggettive ed oggettive previste dalla Legge”.
In estrema sintesi, la Sentenza in commento, offre un importante spunto di riflessione con riguardo l’impossibilità delle parti sociali di vietare l’utilizzo di forme di lavoro “atipiche”, non essendo previsto in alcuna norma di legge un potere interdittivo delle parti rispetto a queste forme contrattuali.
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