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Notizie dalla Liguria

Professioni sanitarie. Firmato il decreto attuativo che istituisce i nuovi albi

Decreto attuativo della legge n. 3 del 2018

È stato firmato dal Ministro della Salute Beatrice Lorenzin il primo decreto attuativo della legge n. 3 del 2018, meglio conosciuta come la legge che ha riformato il sistema ordinistico delle professioni sanitarie in Italia. Si tratta del decreto che istituisce gli albi delle 17 professioni sanitarie, fino ad oggi regolamentate e non ordinate, che entreranno a far parte dell’Ordine dei tecnici sanitari di radiologia medica e delle professioni sanitarie tecniche, della riabilitazione e della prevenzione.

Dalla privacy alla cybersecurity, le strutture cercano nuove figure

AAA cercasi ortopedici, anestesisti, geriatri e fisiatri. Ma anche figure nuove per la sanità italiana

AAA cercasi ortopedici, anestesisti, geriatri e fisiatri. Ma anche figure nuove per la sanità italiana, in grado di tutelare la privacy e i dati sanitari dei pazienti, o difendere le strutture dai cyberattacchi informatici. La sanità sta cambiando volto, anche quella privata. "Con l'espansione del settore delle cure per gli anziani, negli ospedali e nelle Rsa queste figure tradizionali sono molto richieste. Ma accanto a loro vediamo anche emergere la domanda di professionalità nuove, con competenze trasversali". Parola del direttore generale di Aiop, Filippo Leonardi, che con l'Adnkronos Salute fa il punto sulle professioni più gettonate dalle aziende e dai gruppi del settore nel nostro Paese.
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Notizie Aiop Nazionale

La presunta malattia infortunio e l’onere della prova
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La presunta malattia infortunio e l’onere della prova

Corte di Cassazione, Sez. Lavoro: Ordinanza 10331 del 12.04.2019

Sonia Gallozzi, Consulente giuslavorista della Sede nazionale

La Cassazione, con la pronuncia in commento, ritorna sul tema della salute e della sicurezza sul lavoro e, in particolare, si concentra sulla vexata questio dell’onere della prova in materia di infortuni. Nel caso sottoposto alla Suprema Corte, una dipendente di una Struttura Sanitaria era incorsa in una presunta malattia - infortunio (Epatite), consistente in un processo morboso conseguente alla penetrazione nell'organismo di germi patogeni. La caratteristica principale di questo tipo di patologie è che, dal punto di vista assicurativo, esse vengono giuridicamente qualificate come infortuni sul lavoro in quanto la causa virulenta viene assimilata alla causa violenta. Tuttavia, al fine di ottenere la qualifica di infortunio, e quindi la copertura assicurativa, risulta necessario provare che il contagio sia avvenuto in occasione del servizio svolto. Com’è facilmente desumibile tale operazione non risulta mai agevole, in particolare nel caso di malattie plurifattoriali come l’Epatite, la cui trasmissione può avvenire attraverso il sangue o tramite lo scambio di fluidi corporei e, pertanto, tanto con un’accidentale puntura, quanto con l’uso promiscuo di rasoi o spazzolini infetti, o anche durante contatti sessuali. Alla luce di quanto sopra, l’INAL, in quanto ente proposto alla qualificazione dell’evento lesivo come infortunio sul lavoro, suggerisce un approccio probabilistico. Ed invero, l’Ente ritiene che, ove l'episodio che ha determinato il contagio non sia stato percepito o non possa essere provato dal lavoratore, il nesso di causalità si possa presumere in ragione delle mansioni svolte e di ogni altro indizio che deponga in tal senso. In altre parole, secondo l’INAL, sarebbe da qualificare come malattia - infortunio ogni patologia contratta da un lavoratore, le cui mansioni siano potenzialmente idonee a determinare il contagio. Con l’ordinanza in commento, la Cassazione ha modificato radicalmente tale visione dell’Ente, poiché eccessivamente gravosa per le Aziende, le quali, nell’interpretazione offerta, al fine di negare che l’evento lesivo sia occorso sul luogo di lavoro, dovrebbero adempiere alla cd. probatio diabolica, ovvero dimostrare che nel lungo e variabile periodo di incubazione della patologia il lavoratore non sia stato esposto ad alcun fattore astrattamente idoneo al contagio. Ed infatti, i giudici di legittimità hanno ribadito il principio già enunciato nella Sentenza n. 12364/2014, ritenendo che “la malattia professionale in questione (epatite cronica anti Hcv positiva) è ad eziologia plurifattoriale, sicché la prova della causa di lavoro o della speciale nocività dell'ambiente di lavoro grava sul lavoratore e deve essere valutata in termini di ragionevole certezza, nel senso che, esclusa la mera possibilità dell'origine professionale, questa può essere invece ravvisata in presenza di un rilevante grado di probabilità”. In altre parole la Suprema Corte, nel rigettare il ricorso della lavoratrice, ha confermato il percorso logico seguito dalla Corte d’Appello di Catanzaro e ritenuto che, in caso di presunte malattie - infortuni, l’onere della prova ricada sul lavoratore, il quale è tenuto a dimostrare con un buon grado di certezza, che il contagio sia avvenuto sul luogo di lavoro, non risultando sufficiente la potenziale esposizione ad organismi patogeni.
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