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Notizie dalla Liguria

Professioni sanitarie. Firmato il decreto attuativo che istituisce i nuovi albi

Decreto attuativo della legge n. 3 del 2018

È stato firmato dal Ministro della Salute Beatrice Lorenzin il primo decreto attuativo della legge n. 3 del 2018, meglio conosciuta come la legge che ha riformato il sistema ordinistico delle professioni sanitarie in Italia. Si tratta del decreto che istituisce gli albi delle 17 professioni sanitarie, fino ad oggi regolamentate e non ordinate, che entreranno a far parte dell’Ordine dei tecnici sanitari di radiologia medica e delle professioni sanitarie tecniche, della riabilitazione e della prevenzione.

Dalla privacy alla cybersecurity, le strutture cercano nuove figure

AAA cercasi ortopedici, anestesisti, geriatri e fisiatri. Ma anche figure nuove per la sanità italiana

AAA cercasi ortopedici, anestesisti, geriatri e fisiatri. Ma anche figure nuove per la sanità italiana, in grado di tutelare la privacy e i dati sanitari dei pazienti, o difendere le strutture dai cyberattacchi informatici. La sanità sta cambiando volto, anche quella privata. "Con l'espansione del settore delle cure per gli anziani, negli ospedali e nelle Rsa queste figure tradizionali sono molto richieste. Ma accanto a loro vediamo anche emergere la domanda di professionalità nuove, con competenze trasversali". Parola del direttore generale di Aiop, Filippo Leonardi, che con l'Adnkronos Salute fa il punto sulle professioni più gettonate dalle aziende e dai gruppi del settore nel nostro Paese.
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Notizie Aiop Nazionale

Licenziamento. Pubblicati su Facebook commenti denigratori sul datore di lavoro
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Licenziamento. Pubblicati su Facebook commenti denigratori sul datore di lavoro

Corte di Cassazione, Sez. Lavoro, sentenza n. 10280/18

Sonia Gallozzi, Consulente giuslavorista della Sede nazionale

L’interessante pronuncia oggi in esame affronta il caso di un’Azienda che ha licenziato la propria dipendente per aver pubblicato sulla propria bacheca virtuale di facebook frasi con cui esprimeva il disprezzo per l’azienda presso cui era impiegata, nonché la propria volontà di ricorrere fittiziamente all’assenza per malattia.
I Giudici di merito, nel doppio grado di giudizio, hanno ritenuto legittimo il recesso, atteso che la condotta posta in essere dalla lavoratrice avrebbe irreparabilmente leso il vincolo fiduciario, rilevando in oltre, in fase di gravame, l’ascrivibilità della condotta al delitto di diffamazione concretizzatosi oltre che nell’invettive rivolte all’organizzazione aziendale e ai superiori nella prospettazione a ricorso a malattie asintomatiche come segno di dissenso nei confronti del datore di lavoro.
La lavoratrice è dunque ricorsa in Cassazione, lamentando la mancata valutazione da parte dei Giudici di gravame del profilo della condotta priva di dolo, elemento soggettivo necessario per la sussistenza del reato, poiché l’uso dei social network avrebbe e determinato l’inconsapevolezza della lavoratrice di esporre al mondo reale il proprio sfogo che, invece, avrebbe dovuto essere rivolto a pochi soggetti.
Gli Ermellini, smentendo l’assunto della ricorrente, hanno precisato che “la diffusione di un messaggio denigratorio attraverso l’uso di una bacheca facebook integra un’ipotesi di diffamazione per la potenziale capacità di raggiungere un numero indeterminato di persone, posto che il rapporto interpersonale, proprio del mezzo utilizzato, assume un profilo allargato ad un gruppo indeterminato di aderenti, al fine di una costante socializzazione”. Ciò posto, integrando la condotta addebitata alla lavoratrice gli estremi della diffamazione, il contegno assunto da quest’ultima è stato valutato in termini di giusta causa di recesso, idonea a ledere irrimediabilmente il vincolo fiduciario. In ordine poi alla non intenzionalità della condotta, così come assunto dalla ricorrente, la Cassazione ha ritenuto corretta la conclusione della Corte d’Appello, che ha applicato il principio della non scarsa importanza ex art. 1455 c.c., precisando che l’elemento soggettivo che integra la giusta causa di licenziamento può essere anche di natura colposa, per le caratteristiche sue proprie, posto che la valutazione della gravità del fatto deve essere effettuata “non in astratto, ma con riferimento agli aspetti concreti afferenti alla natura e alla qualità del singolo rapporto, alla posizione delle parti, al grado di affidabilità richiesto dalle specifiche mansioni del dipendente, nonché alla portata soggettiva del fatto, ossia alle circostanze del suo verificarsi, ai motivi e all’intensità dell’elemento intenzionale o di quello colposo”.
Applicando i principi su richiamati, la Corte di Cassazione ha ritenuto legittimo il licenziamento per giusta causa, essendo la condotta posta in essere dalla lavoratrice idonea a recidere il vincolo fiduciario nel rapporto lavorativo.

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