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Notizie dalla Liguria

Un forte bisogno di riforma per salvare l’universalità del Sistema sanitario italiano

Anni di tagli al Ssn mettono a rischio, nei fatti, l’universalità nell’accesso alle prestazioni. La nuova legislatura si apre con l’esigenza di un profondo ripensamento sulla sanità, che tuttavia deve riuscire a mantenere per tutto il Paese uno dei diritti più preziosi e fondamentali: il diritto alla salute. Aiop si interroga sulle possibili strade da percorrere e si propone fra i protagonisti della sanità del futuro attraverso il suo Rapporto Ospedali&Salute

Ieri, presso la Sala Capitolare del Chiostro del Convento di Santa Maria Sopra Minerva è stato presentato il 15° Rapporto annuale Ospedali&Salute 2017, promosso da Aiop e realizzato da Ermeneia Studi & Strategie di Sistema. Come ogni anno, il Rapporto fa il punto sul sistema ospedaliero del Paese, cercando di individuare i più importanti processi in corso, partendo innanzitutto dal punto di vista degli utenti, per poi analizzare alcune tensioni o disfunzioni della “macchina” nell’offerta dei servizi per la salvaguardia della nostra salute.

L'indagine del Senato sulla sostenibilità del Ssn

Documento conclusivo dell'indagine conoscitiva sulla sostenibilità del Servizio sanitario nazionale con particolare riferimento alla garanzia dei principi di universalità, solidarietà ed equità approvato dalla Commissione

Il 10 gennaio scorso è stato approvato dalla 12ª Commissione Igiene e Sanità del Senato il Documento conclusivo dell'indagine conoscitiva sulla sostenibilità del Servizio sanitario nazionale, con particolare riferimento alla garanzia dei principi di universalità, solidarietà ed equità.
Sintesi dei principali punti trattati:
A. Il Servizio sanitario nazionale produce risultati di eccellenza, riconosciuti in ambito internazionale, con livelli di spesa sensibilmente inferiori a quelli dei maggiori Paesi europei. Consolidare tali risultati senza compromettere equità e qualità dei servizi deve costituire una priorità, soprattutto in tempi di crisi, dell’agenda politica dei prossimi anni.
B. Gli italiani godono di un'aspettativa di vita e di livelli di salute molto positivi, ai primi posti nelle graduatorie mondiali; criticità si rilevano in alcuni fattori di rischio (obesità infantile, fumo tra i giovani, sedentarietà) e nei tassi di copertura/adesione dei programmi di screening e vaccinali sui quali è necessario intervenire, anche per contribuire alla sostenibilità del sistema.
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Notizie Aiop Nazionale

Sottrarre dati dal computer aziendale può comportare il licenziamento
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Sottrarre dati dal computer aziendale può comportare il licenziamento

Corte di Cassazione Sez. Lavoro - Sentenza n. 33809/2021 del 12.11.2021

Sonia Gallozzi, Consulente giuslavorista della Sede nazionale

La pronuncia in commento affronta il caso di un dirigente con mansioni di direttore commerciale, il quale, dopo essersi dimesso, aveva restituito il pc aziendale, previamente cancellando e asportando dati di contenuto lavorativo (e-mail, numeri di telefono, informazioni su prodotti e metodi di produzioni).

L’azienda, tramite tecnico informatico, riusciva a recuperare la password del dirigente e, avuto accesso all’hard disk del computer, appurava che l’ex dipendente si era appropriato di informazioni aziendali riservate per diffonderle a terzi. Accertati i fatti, la società conveniva in giudizio l’ex dipendente, proponendo nei suoi confronti domanda di risarcimento danni. Si costituiva il lavoratore, eccependo l’inutilizzabilità delle conversazioni poiché – a suo dire - illegittimamente acquisite dalla società datrice sul suo account privato Skype, ciò in violazione della segretezza della corrispondenza e pure della password personale di accesso del lavoratore.

Il giudice di primo grado accoglieva la domanda datoriale, mentre la Corte d’appello riformava la sentenza sul presupposto che la società avesse prodotto prove non utilizzabili (messaggi privati), perché acquisite in violazione del diritto alla riservatezza e alla segretezza della corrispondenza.

Posta la questione al vaglio della Suprema Corte, quest’ultima cassava la pronuncia in appello, con rinvio alla Corte territoriale, precisando innanzitutto come “la produzione in giudizio di documenti contenenti dati personali è sempre consentita ove sia necessaria per esercitare il proprio diritto di difesa, anche in assenza del consenso del titolare e quali che siano le modalità con cui è stata acquisita la loro conoscenza: dovendo, tuttavia, tale facoltà di difendersi in giudizio, utilizzando gli altrui dati personali, essere esercitata nel rispetto dei doveri di correttezza, pertinenza e non eccedenza previsti dall'art. 9, lett. a) e d) I. 675/1996, sicché la legittimità della produzione va valutata in base al bilanciamento tra il contenuto del dato utilizzato, cui va correlato il grado di riservatezza, con le esigenze di difesa (Cass. 11 febbraio 2009, n. 3358; così pure, ai sensi degli artt. 4 e 11 d.lg. 196/2003 applicabili ratione temporis; Cass. B febbraio 2011, n. 3033)”.

Sebbene, quindi, l’art. 4 della legge n. 300/70 (Statuto dei Lavoratori) ponga garanzie ben precise per il controllo dei lavoratori, il datore di lavoro può verificare la messaggistica privata dell’ex dipendente in tutte le ipotesi di controllo difensivo senza incorrere nella violazione del diritto alla privacy e produrre in giudizio documenti contenenti dati personali dell’ex dipendente, prevalendo il diritto di difesa su quello di inviolabilità della corrispondenza.

Accertata dunque la legittimità della condotta del datore, la Corte sanciva quindi che, qualora il lavoratore cancelli i dati aziendali, lede il patrimonio dell’azienda commettendo un illecito civile da cui deriva il diritto del datore di lavoro di procedere con la richiesta di risarcimento danni, integrando peraltro l’ipotesi del reato di danneggiamento informazioni, dati e programmi informatici (anche se la cancellazione non è definitiva), come previsto dall’art. 635 bis del Codice penale.

Gli Ermellini precisavano infine, sebbene non fosse oggetto della questione posta al loro esame, come “la distruzione da parte del dipendente di beni aziendali, quali appunto quelli memorizzati nel personal computer” costituisce “condotta integrante violazione dei doveri di fedeltà e di diligenza, tale da costituire giusta causa di licenziamento (Cass. 14 maggio 2015 n. 9900)”.

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