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Notizie dalla Liguria

Al privato la gestione degli ospedali pubblici disfunzionali

Intervista del Presidente nazionale Gabriele Pelissero pubblicata da Adnkronos Salute

Una proposta 'targata' sanità privata per una maggiore efficienza del sistema sanitario, destinata a far discutere. "Gli ospedali pubblici disfunzionali, che in un piano triennale le Regioni non riescono a risanare, siano affidati al privato per il rilancio". Lo afferma all'Adnkronos Salute Gabriele Pelissero che sottolinea: "Questa è la proposta di Aiop. Una proposta che richiede un confronto, certo. Ma la politica scelga chi eroga prestazioni a un prezzo più basso, salvaguardando la qualità". La costellazione delle aziende associate lungo la Penisola sta crescendo. "Registriamo con grandissima soddisfazione ogni mese 3-4 nuovi iscritti", spiega Pelissero, ricordando che oggi l'Aiop riunisce più di 500 strutture, "più del 90% del privato in Italia, con l'eccezione degli ospedali dipendenti da ordini religiosi". Non sono poche le sfide che la sanità italiana si trova ad affrontare in questi anni.

Verso il rinnovo dei CCNL AIOP

Negli ultimi giorni, importanti novità hanno riguardato il rinnovo del CCNL AIOP, di cui da ottobre 2016 sono stati aperti i tavoli delle trattative con le relative OO.SS. Anzitutto, la riunificazione della parte datoriale, dopo più di 10 anni, da parte di AIOP e di ARIS. Questa novità ha accelerato la dinamica dei rapporti sindacali. Ne abbiamo parlato con il capo della delegazione storica, Emmanuel Miraglia.
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Notizie Aiop Nazionale

Esclusa dal comporto la malattia legata alla mansione se non c’è stata formazione specifica
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Esclusa dal comporto la malattia legata alla mansione se non c’è stata formazione specifica

Corte di Appello Sez. Lavoro di Messina – sentenza n. 450 pubblicata il 14 giugno 2023.

Sonia Gallozzi, consulente giuslavorista Sede nazionale

La Corte d’Appello di Messina, con l’articolata e recente sentenza oggi in commento, ha affrontato il caso di una controversia promossa da una fisioterapista licenziata per superamento del periodo massimo di malattia. La lavoratrice, fisioterapista, ha impugnato il licenziamento asserendo che dal periodo di comporto dovevano essere sottratti 57 giorni in cui l’assenza era riconducibile alla patologia del tunnel carpale sviluppata a causa del sollevamento dei pazienti immobilizzati cui era addetta.

Accolta nella fase sommaria del rito Fornero, la domanda è stata rigettata dal Tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto sul rilievo che, benché le assenze fossero imputabili a uno stato di malattia riconducibile alle mansioni, il datore di lavoro avesse adempiuto all’obbligo di salvaguardia della salute secondo l’articolo 2087 del Codice civile.

La Corte d’appello ribalta questa decisione, osservando che l’obbligo di formazione contro il rischio professionale (previsto dall’articolo 37 del Dlgs 81/2008) costituisce un passaggio insostituibile e la sua omissione impedisce di conteggiare i 57 giorni di assenza nel periodo di comporto.

Per giungere a tale soluzione la Corte sottolinea innanzitutto che occorre distinguere tra obbligo di formazione e informazione del lavoratore ai sensi dell'art. 2, d.lgs. 9 aprile 2008 n. 81 (testo unico materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro): laddove “la prima (lett. aa) è il processo educativo necessario per acquisire le competenze per lo svolgimento in sicurezza delle mansioni identificando, riducendo e gestendo i rischi, la seconda (lett. bb) è il complesso delle attività dirette a fornire conoscenze utili alla gestione, riduzione e gestione dei rischi”.

La Corte precisa che “l'adempimento dell'obbligazione formativa avrebbe quantomeno reso più remota l'eventualità, poi verificatasi, che la lavoratrice, in vista anche di un malinteso senso del dovere, tacesse le condizioni di rischio fino all'insorgere della patologia”, ciò in quanto anche il possesso di un proprio bagaglio personale di conoscenze, da parte della lavoratrice, non rileva quale esimente della responsabilità datoriale, posto che, come da principio codificato dai giudici di legittimità (Cass. 8988/2020), quando risulti che il datore di lavoro abbia trascurato di fornire al lavoratore infortunato una adeguata formazione ed informazione sui rischi lavorativi, persino l'eventuale condotta imprudente del lavoratore degrada a mera occasione dell'infortunio ed è, pertanto, giuridicamente irrilevante.

La formazione deve, peraltro, rispondere a specifici canoni di adeguatezza, richiedendosi al datore di assicurare che i lavoratori ricevano un insegnamento ritagliato sugli specifici rischi insiti nelle mansioni di ciascuno. In questo contesto, il mancato adempimento datoriale dell’obbligo di formazione adeguata sui rischi per la salute impedisce di tener conto dei giorni di assenza nel conteggio del periodo massimo di malattia.

La Corte messinese, conclude, quindi, affermando essere “altamente presumibile” che la lavoratrice “se adeguatamente formata, non sarebbe andata incontro all'intervento, o avrebbe quantomeno avuto un decorso più breve e meno accidentato, riducendo così il numero di giornate di malattia e rientrando nel limite complessivo di 180 nel triennio”; la violazione dell'art. 2087 c.c. è stata perciò “perpetrata, ed ha efficacia causale rispetto all'insorgenza della patologia nei termini e nei tempi accertati”.

Pertanto, secondo il Collegio, il licenziamento irrogato dal datore, conteggiando anche tali assenze, è da ritenersi illegittimo, con consequenziale ordine di reintegrazione sul posto di lavoro e risarcimento del danno ex art. 18 della legge 300/1970.

 

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