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Notizie dalla Liguria

L'eco sulla stampa dell'appello Aiop rivolto a Matteo Renzi e a Beatrice Lorenzin

A seguito dell'invio del comunicato stampa che riportava la posizione espressa dal Presidente nazionale, Gabriele Pelissero, in merito alla proposta avanzata dalle Regioni che conterrebbe un taglio di 350 milioni di euro all'ospedalità privata accreditata, vi riportiamo di seguito la raccolta di tutti gli articoli usciti sino ad oggi sulle principali testate nazionali e regionali e suoi principali siti online.

Caso Avastin. Per l'Antitrust "è discriminatorio escludere i centri privati da somministrazione"

L'AGCM ha sollevato criticità concorrenziali

Permettere l'utilizzo del farmaco Avastin per la cura delle patologie visive solo alle strutture pubbliche, ma non a quelle private dà luogo ad "una ingiustificata discriminazione tra strutture pubbliche e private". Lo mette nero su bianco l'Antitrust, che nell'ultimo bollettino bacchetta l'Aifa e prende nuovamente posizione su una vicenda, quella di Avastin e Lucentis, che negli ultimi due anni è salita più volte agli onori delle cronache, soprattutto dopo la maxi multa comminata proprio dall'Autorità garante della concorrenza ai due colossi farmaceutici La Roche e Novartis per aver fatto cartello per ostacolare la vendita del farmaco antitumorale Avastin per la cura della vista, favorendo invece quella di Lucentis, che costa 10 volte tanto.

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Notizie Aiop Nazionale

Non esiste a favore del lavoratore subordinato un diritto soggettivo alla parità di trattamento
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Non esiste a favore del lavoratore subordinato un diritto soggettivo alla parità di trattamento

Corte di Cassazione: ordinanza 8299 del 25 marzo 2019

Sonia Gallozzi, Consulente giuslavorista della Sede nazionale

La pronuncia in commento affronta il caso di un lavoratore che adiva il Tribunale di Catania al fine di veder dichiarato illegittimo il proprio trattamento normativo ed economico poiché inferiore, a parità di lavoro, rispetto a quello percepito dai colleghi.
Ed invero il dipendente, all’esito di un particolare iter di trasformazione del proprio contratto di lavoro a tempo indeterminato, a parità di retribuzione, si era visto escluso da alcune indennità economiche previste da alcuni accordi aziendali.
Il Giudice adito, espletata l’istruttoria, condannava la convenuta Azienda al pagamento della somma determinata mediante Consulenza Tecnica d’Ufficio. Il giudizio d’appello, incardinato dall’azienda, in parziale riforma della sentenza impugnata, riduceva le somme determinate dal giudice di prime cure e condannava il dipendente alla restituzione delle differenze, il quale proponeva ricorso per Cassazione, evidenziando, tra l’altro, una presunta contrarietà all’art. 36 della Costituzione che prevede il diritto del lavoratore a percepire una retribuzione proporzionata “alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un'esistenza libera e dignitosa”.
La Cassazione, sulla scorta della propria granitica giurisprudenza (tra cui Cass. n. 524/17 e Cass. n. 26925/16), rigettava il ricorso. La Corte, dopo aver ribadito che rispetto alla retribuzione stabilita dai contratti collettivi vi è una presunzione di adeguatezza ai principi di proporzionalità e sufficienza di cui al predetto art. 36 Cost., ha precisato che tale presunzione “investe le disposizioni economiche dello stesso contratto anche nel rapporto interno fra le singole retribuzioni ivi stabilite”.
Pertanto, secondo la Corte, ai fini dell'accertamento dell'adeguatezza di una determinata retribuzione, non può farsi riferimento ad una singola disposizione del contratto che preveda un diverso trattamento retributivo per altri dipendenti, potendo l’eventuale inadeguatezza “essere accertata solo attraverso i parametro di cui all'articolo 36 Cost., che é “esterno” rispetto al contratto”, né può assumere rilievo, ai fini di tale accertamento, l'eventuale disparità di trattamento fra lavoratori della medesima posizione, atteso che “non esiste a favore del lavoratore subordinato un diritto soggettivo alla parità di trattamento”.
Con ciò, la Corte ha voluto ribadire che l'inadeguatezza di una retribuzione può essere accertata solo sulla base del parametro costituzionale e che quindi non è possibile a tal fine fare riferimento a una singola disposizione del contratto collettivo che prevede per alcuni lavoratori un trattamento differente rispetto a quello previsto per gli altri. Ed invero, nell’ordinanza è stato sottolineato come non solo non opera il principio di parità di trattamento, ma, fuori dai casi espressamente previsti dalla legge, “non é consentito alcun controllo di ragionevolezza da parte del giudice sugli atti di autonomia, sia collettiva che individuale, sotto il profilo del rispetto delle clausole generali di correttezza e buona fede, che non sono invocabili in caso di eventuale diversità di trattamento non ricadente in alcuna delle ipotesi legali (e tipizzate) di discriminazione vietate”.
In altre parole, la Suprema Corte, in tale secondo principio enunciato nell’ordinanza, ha ribadito come sia precluso il vaglio del giudice sulla ragionevolezza di atti di autonomia, sotto il profilo del rispetto delle clausole generali di buona fede e correttezza, clausole che non possono essere invocate dinanzi a ipotesi di diversità di trattamento che non sono riconducibili alle discriminazioni vietate legali e tipizzate.
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