8005
Il licenziamento per chiusura del reparto è legittimo anche se il datore si avvale temporaneamente di risorse esterne
Corte di Cassazione, Sez. Lavoro: sentenza n. 19731 del 25 luglio 2018
Sonia Gallozzi, Consulente giuslavorista della Sede nazionale
La pronuncia in commento affronta il caso dell’impugnativa da parte di un lavoratore del licenziamento comminato per giustificato motivo oggettivo conseguente alla chiusura del reparto cui era adibito, poiché la società, dopo il recesso, era ricorsa per tempi limitati a lavoratori interinali e a termine, in violazione, a detta dell'ex dipendente, dell'obbligo di repêchage.
Sia il Giudice di prime cure, che la Corte di Appello di Salerno, respingevano il ricorso proposto dal lavoratore poiché essendo stato “effettivo ed imponente l’abbattimento dei ricavi che ha indotto all’effettiva soppressione del reparto codifica, realizzato in un momento di reale difficoltà aziendale”, ben poteva parte datoriale ridimensionare l’organico e ridistribuire le mansioni in precedenza assegnate al ricorrente al personale residuo, oppure ricorrendo, per tempi assolutamente limitati, a risorse esterne certamente meno onerose.
Contro tale ultima decisione proponeva ricorso per Cassazione il lavoratore, secondo cui la Corte territoriale avrebbe dovuto censurate la condotta datoriale per violazione dell’obbligo di repêchage, atteso che, successivamente al licenziamento, l’azienda aveva proceduto ad assumere forza lavoro con continuità e con ripetuti contratti di somministrazione e a tempo determinato.
La Suprema Corte, ritenendo infondata tale doglianza, ha confermato la legittimità del licenziamento comminato per motivo oggettivo.
In particolare, i Giudici di Piazza Cavour hanno evidenziato come l’utilizzo di risorse ingaggiate per via interinale o con contratti a termine “per tempi assolutamente limitati” costituisca una condotta assolutamente non omologabile all’assunzione a tempo indeterminato di nuovo personale, al posto del quale il lavoratore avrebbe potuto essere utilizzato.
Infatti, gli Ermellini, richiamando oramai consolidata giurisprudenza, hanno ribadito come il datore di lavoro che persegue un reale risparmio di costi ben possa sopprimere alcune posizioni lavorative a tempo indeterminato per ridistribuirne le mansioni tra il personale già in essere e, talvolta, usufruire delle prestazioni di lavoratori somministrati o a termine: ciò - si ribadisce - a condizione che il ricorso a tali risorse esterne avvenga limitatamente e comporti un esborso inferiore a quello dovuto per il mantenimento di unità di personale assunta a tempo indeterminato.