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Consenso informato. Quando si può agire con interventi salvavita anche senza disposizioni
Primi orientamenti di merito dall'entrata in vigore della legge 219/2017
Antonio Irranca
Con l’entrata in vigore della legge n. 219/2017 (in materia di consenso informato e disposizioni anticipate di trattamento) iniziano a giungere le prime pronunce dei Tribunali sul tema.
Di particolare interesse risulta il provvedimento emesso dal Giudice tutelare del Tribunale di Modena in data 18 gennaio 2018 (allegato). Il caso ha inizio con il deposito di un ricorso da parte dell’amministratore di sostegno di una persona affetta da distrofia muscolare, con la finalità di essere autorizzato a dare il consenso al personale medico (in nome e per conto dell’inabilitato) per intervenire mediante tracheotomia al fine di evitarne la morte.
Il Giudice tutelare, sulla base della constatazione del difetto di rappresentanza esclusiva in ambito sanitario in capo all'amministratore di sostegno, ha rigettato il ricorso. In tal senso va letto l’art. 3 della L. 219/2017 in tema di consenso alla prestazione sanitaria da parte di minori e d’incapaci.
Lo stesso Giudice, però, ha ricondotto la fattispecie in esame alle ipotesi di stato di necessità di cui agli artt. 2045 c.c. e 54 c.p.. Tali norme consentono di intervenire pur in assenza di consenso da parte del paziente quando, però, questo non abbia opposto il proprio dissenso in maniera cosciente, espressa ed inequivoca.
A suffragare tale impostazione vi è anche l’art. 1, co. 7 della legge in commento la quale prevede che “nelle situazioni di emergenza o di urgenza il medico e i componenti dell’equipe sanitaria assicurano le cure necessarie, nel rispetto della volontà del paziente ove le sue condizioni cliniche e le circostanze consentano di recepirla”.
In conclusione, il Giudice rilevando lo stato d’urgenza e la mancanza di opposizione espressa del soggetto all’intervento salva vita autorizzava i medici all’esecuzione dello stesso.