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Il principio di immutabilità della contestazione e il licenziamento disciplinare
Corte di Cassazione, ordinanza n. 32043 depositata in data 11.12.2018
Sonia Gallozzi, Consulente giuslavorista della Sede nazionale
Con l’ordinanza in commento, la sesta sezione Civile della Corte Suprema di Cassazione ha affrontato il tema del cd. “principio della immutabilità della contestazione” con riferimento al caso di un dipendente licenziato per aver, con una condotta reiterata nel tempo, posto in essere gravi atti di insubordinazione, aver violato le regole di sicurezza ed essere venuto meno ai suoi doveri di lealtà e fedeltà.
Sulla scorta delle pronunce conformi del Tribunale e della Corte d’Appello di Trieste, la Cassazione dichiarava inammissibile il ricorso del lavoratore che instava per la riforma della sentenza per aver la Corte Territoriale, nel valutare la legittimità della risoluzione, preso in considerazione degli elementi fattuali non riportati nella contestazione da cui scaturiva il licenziamento disciplinare.
La Corte di legittimità, sulla scorta di un granitico filone giurisprudenziale, seppur confermando il principio di immutabilità della contestazione che preclude al datore di lavoro di licenziare per motivi diversi da quelli contestati, ha ritenuto che tale istituto non vieti di “considerare fatti non contestati e situati a distanza anche superiore ai due anni dal recesso, quali circostanze confermative della significatività degli addebiti posti a base del licenziamento, al fine della valutazione della complessiva gravità, sotto il profilo psicologico, delle inadempienze del lavoratore e della proporzionalità o meno del correlativo provvedimento sanzionatorio”.
In altre parole la Suprema Corte, nel confermare la decisione della Corte d’Appello, evidenziava come, alla stregua del cennato principio, sia possibile per il Giudice prendere in considerazione sia eventi non contestati, che fatti antecedenti ai due anni, al fine di valutare la condotta complessiva del lavoratore e decidere, così, della legittimità di un licenziamento disciplinare.
In particolare, il ricorso è stato dichiarato inammissibile poiché sono state ritenute rilevanti le condotte precedenti reiterate e i fatti addebitati rivestivano il carattere di grave violazione degli obblighi del rapporto di lavoro, tali da ledere irrimediabilmente l’elemento fiduciario.