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Notizie dalla Liguria

Sanità Integrativa: una sfida sostenibile e credibile al servizio dei bisogni di salute dei cittadini

Workshop Aiop - Genova, 10 aprile 2019

Valorizzare il significato dell’assistenza sanitaria integrativa nell’ambito di un Sistema sanitario che è e che deve rimanere universalistico. È l’obiettivo del workshop organizzato da Aiop “Affrontare i problemi del presente per migliorare il futuro della Sanità Integrativa”, che si è tenuto a Genova il 10 aprile.

Accordo con il MIUR per il finanziamento delle Borse di studio dei medici specializzandi

All’inizio del mio mandato, insieme ai Colleghi del Comitato Esecutivo, abbiamo rilevato la necessità di individuare un percorso che consentisse, nel medio periodo, di dare un nostro contributo al problema ingravescente della carenza di medici specialisti.
Ci siamo, quindi, attivati per instaurare un confronto con il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, offrendo la disponibilità dell’Aiop nella ricerca di soluzioni condivise.
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Notizie Aiop Nazionale

Legittimo il licenziamento del dipendente che insulti ed offenda sui social anche fuori dall’ambito lavorativo
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Legittimo il licenziamento del dipendente che insulti ed offenda sui social anche fuori dall’ambito lavorativo

Cass. Sez. Lav. n. 6543 del 21 febbraio 2024.

Sonia Gallozzi, consulente giuslavorista Sede nazionale

La pronuncia in commento affronta il caso di un dipendente che aveva pubblicato su Facebook commenti offensivi in merito alla decisione di alcuni Stati americani di limitare il diritto all’aborto.

L’azienda lo aveva licenziato per giusta causa, contestando l’inopportunità delle sue espressioni e il fatto che queste potessero danneggiare l’immagine aziendale poiché divulgate in uno spazio aperto di un profilo social. Per legittimare il licenziamento il datore di lavoro aveva aggiunto che era risultato che il dipendente in questione avesse fra i contatti personali del profilo anche diversi colleghi di altri reparti della società. A questo si aggiunga che la società, nel corso dell’istruttoria, aveva provato la presenza di una Social media policy che l’azienda aveva adottato e con cui si regolamentava la condotta che i dipendenti dovevano tenere all’interno dei propri profili social personali.

Impugnava il licenziamento il lavoratore, contestando l’estraneità all’ambito lavorativo dei fatti addebitati durante il procedimento disciplinare, poiché il post che riportava il commento alle risposte dei partecipanti alla pagina del profilo social non faceva espressa menzione del nome della società, trattandosi, piuttosto, dell’esercizio del diritto di espressione e di libertà di opinione. Si conveniva che il linguaggio doveva essere più equilibrato, ma questo non era, secondo la difesa del lavoratore, sufficiente per adottare un licenziamento con effetto immediato.

La Corte di Cassazione, disattendendo le difese del lavoratore e ritenendo la portata di un mezzo social sicuramente più immediata e forte nell’impatto divulgativo rispetto ai mezzi di comunicazione tradizionali,  ha statuito la liceità del potere del datore di lavoro di contestare, laddove necessario, l’utilizzo improprio di quelle espressioni usate dal proprio dipendente per commentare le risposte ricevute sulla propria pagina personale social; tutto questo indipendentemente dal fatto che il comportamento del dipendente in questione riguardasse o meno l’ambito lavorativo. Ciò in quanto l’immagine aziendale, a parere della Corte, rappresenta un bene immateriale dell’impresa e come tale deve essere tutelato dal titolare della stessa, posto che la reputazione aziendale assume un valore economico fondamentale per l’impresa, in quanto correlata alle sue performance produttive.

Nel caso specifico, si era configurata dunque una lesione immediata all’immagine aziendale poiché il contenuto del messaggio pubblicato era stato ritenuto inappropriato dalla collettività dei social. Ed infatti, sebbene il testo del messaggio non riportasse il nome o alcun riferimento diretto dell’azienda, tuttavia, da una indagine, si era poi riscontrato che nel profilo del dipendente in questione appariva la posizione lavorativa e il ruolo del dipendente all’interno dell’azienda. Da qui il riferimento indiretto all’immagine aziendale.

Per i giudici di legittimità, dunque, il potere tradizionale di controllo datoriale ricopre anche la tutela dell’immagine della società stessa, che, quando violata, rappresenta una giusta causa di licenziamento.

 

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